Studio Legale Ollari
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Notizia 10/05/2024

Gare pubbliche: l'offerta puo' essere anomala, ma deve essere affidabile





Offerta anomala, sì ma affidabile !
Molti documenti dell’amministrazione che abbiamo nei nostri cassetti, sono stati oggetto di gara per la fornitura di STAMPANTI o semplicemente di TONER.
Il TAR Parma si è pronunciato su una gara di tal tipo, che era stata aggiudicata dopo il procedimento di verifica della anomalia dell’offerta.
Il primo classificato aveva proposito sconti non realistici, secondo la seconda classificata.
La commissione di gara ha giudicato NON ANOMALA l’offerta vincente, dopo un contradditorio con il vincitore.
Il Tar ha confermato il giudizio della commissione: precisando che l’obiettivo dell’indagine sulla anomalia è l’accertamento dell’ affidabilità dell’offerta nel suo complesso e non già delle singole voci che la compongono.
La verifica di anomalia è intesa non a ricercare specifiche inesattezze dell’offerta in esame, ma piuttosto ad accertare se essa in concreto e nel suo complesso sia attendibile ed affidabile quanto alla corretta esecuzione dell’appalto: così la costante giurisprudenza. Di conseguenza, il giudizio relativo è espressione di ampia discrezionalità della stazione appaltante, ed è sindacabile dal Giudice amministrativo di legittimità nei limiti in cui è sindacabile la discrezionalità stessa, ovvero solo nel caso di risultati abnormi o manifestamente illogici, per contraddittorietà intrinseca ovvero per contraddittorietà con i risultati di fatto accertati.
Quindi, se vi sentite tristi o “GIU’ DI TONER” per il mal funzionamento delle vostre stampanti, chiamate Chuck Norris, che quando stampa in formato A4, dalla stampante esce fuori un'Audi fiammante.
Se invece siete arrabbiati con la vostra stampante, allore fate il “Diavolo A4”
Se invece avete una stampante 3D, fatevi stampare quello che ha assunto Franco Battiato quando vedeva “gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori, della dinastia dei MING”.






Notizia 07/05/2024

Gara: il principio del risultato e di tempestività ridimensionati e chiariti






Pubblicato il 29/04/2024
N. 00098/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00332/2023 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 332 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
ServiceNet21 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9756587E48, rappresentata e difesa dall'Avvocato Alessandro Carlo Licci Marini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro

Unione dei Comuni Bassa Reggiana, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Simona Della Casa e Alessandra Pradella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Corpo Unico di Polizia Locale dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana, Comune di Novellara, Comune di Boretto, Comune di Brescello, Comune di Gualtieri, Comune di Guastalla, Comune di Luzzara, Comune di Poviglio, Comune di Reggiolo, non costituiti in giudizio;
nei confronti

Velocar S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocato Guido Paratico, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- della determinazione n. 523 del 23 ottobre 2023, a firma del Responsabile del Servizio Unico Appalti dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana, comunicata alla ricorrente in data 24 ottobre 2023, di revoca dell'aggiudicazione disposta in favore della ServiceNet21 S.r.l. con precedente determinazione n. 357/2023 e di contestuale riassegnazione e aggiudicazione in favore della Velocar S.r.l. della procedura aperta per l'affidamento del “servizio di locazione, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di n° 4 postazioni fisse omologate per il servizio di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rileva-mento automatico di infrazioni al codice della strada (art. 142 c.d.s.) dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana – per un periodo di 4 anni decorrenti dalla data di collaudo” (CIG 9756587E48), per asserita non conformità delle apparecchiature offerte dalla ServiceNet21 S.r.l. alle specifiche tecniche poste a base di gara, e segnatamente alla prescrizione di cui all'art. 2, lett. a, c. 11 del Capitolato Speciale d'appalto;

- della comunicazione in data 24 ottobre 2023, trasmessa ai sensi dell'art. 76, c. 5, D. Lgs. 50/2016, con cui è stata resa nota alla ricorrente la revoca dell'aggiudicazione in suo favore e l'aggiudicazione dell'appalto alla Velocar S.r.l.;

- della nuova aggiudicazione, della proposta di aggiudicazione della gara de qua e dello scorrimento della graduatoria in favore della Velocar S.r.l.;

- della mancata esclusione della Velocar S.r.l. dalla procedura in oggetto;

- del provvedimento di ammissione e di esclusione dei concorrenti in data 13 giugno 2023, nelle parti lesive per la ricorrente;

- della comunicazione prot. 28697 del 20 ottobre 2023, con cui il RUP ha chiesto al Responsabile del Servizio Unico Appalti dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana la revoca dell'aggiudicazione alla ricorrente, allo stato non nota;

- della richiesta di parere presentata in data 9 agosto 2023 dal RUP dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana alla Prefettura territorialmente competente, in merito alla conformità della fornitura offerta dalla ServiceNet21, allo stato non nota;

- della nota del 7 luglio 2023, con cui l'Unione anzidetta ha richiesto alla ricorrente copia della documentazione attestante il possesso dei requisiti delle apparecchiature previsti dall'art. 2, lett. a, c. 11 del Capitolato Speciale d'appalto;

- della nota del 18 luglio 2023, con cui l'Unione medesima ha richiesto alla ricorrente di assumere l'impegno all'installazione di diverse apparecchiature;

- della nota 2 agosto 2023, con cui la Stazione appaltante ha disposto la sospensione dell'efficacia dell'aggiudicazione fino a successiva comunicazione;

- dei verbali della commissione giudicatrice, e segnatamente del verbale del 16 giugno 2023, solo e limitatamente alle parti lesive per la ricorrente;

- dei verbali di gara, solo e limitatamente alle parti lesive per la ricorrente;

- della graduatoria finale e degli esiti finali della procedura pubblicati sulla piattaforma Sater – Intercent-ER, e dei relativi atti di approvazione, nelle parti lesive per la ricorrente;

- dei prospetti riepilogativi dell'esito della gara pubblicati sulla piattaforma Sater, nelle parti lesive per la ricorrente;

- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, anche non noto;

- del bando, del disciplinare, del Capitolato speciale d'appalto e relativi allegati della gara de qua, e segnatamente dell'art. 2, lett. a, n. 11 del Capitolato medesimo, ove e nell'ipotesi in cui siano interpretati in senso difforme da quanto in questa sede argomentato e censurato;

..........................nonché per la condanna

della Stazione appaltante al risarcimento in forma specifica mediante l'adozione del provvedimento di aggiudicazione in favore della ServiceNet21 S.r.l., trattandosi della migliore offerente, e, in subordine, per la condanna della Stazione appaltante al risarcimento per equivalente dei danni subiti e subendi dalla ricorrente a causa della revoca dell'aggiudicazione già disposta in suo favore, con espressa riserva di quantificarli in corso di causa;

............................e per la dichiarazione

dell'inefficacia del contratto d'appalto eventualmente stipulato medio tempore dall'Unione dei Comuni Bassa Reggiana con la Velocar s.r.l., per il quale la ricorrente formula espressa domanda di subentro, e per la condanna, anche in detta eventualità, della Stazione appaltante alla tutela in forma specifica, mediante l'adozione del provvedimento d'aggiudicazione e dei consequenziali atti, incluso il subentro nel contratto, in favore della ServiceNet21 S.r.l., nonché, in subordine, per la condanna dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana al risarcimento per equivalente dei danni subiti e subendi, con espressa riserva di quantificarli in corso di causa;

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 17/1/2024:

per l’annullamento:

- della nota prot. 32094/2023 del 27 novembre 2023, a firma del Dirigente dell'Area Appalti dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana, indirizzata al Corpo Unico di Polizia Locale dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana, prodotta in giudizio dall'Amministrazione resistente in data 12 dicembre 2023, recante “Comunicazione di efficacia dell'aggiudicazione e trasmissione documenti per contratto”, relativa all'appalto per il “servizio di locazione, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di n° 4 postazioni fisse omologate per il servizio di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rilevamento automatico di infrazioni al codice della strada (art. 142 C.d.S.) dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana – per un periodo di 4 anni decorrenti dalla data di collaudo” (CIG 9756587E48);

- dell'atto di aggiudicazione efficace dell'appalto in oggetto, disposta dall'Unione dei Comuni Bassa Reggiana in favore della Velocar S.r.l.;

- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, anche non noto;

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 12/3/2024:

per l'annullamento:

- della determinazione n. 523 del 23 ottobre 2023, a firma del Responsabile del Servizio Unico Appalti dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana, comunicata alla ricorrente in data 24 ottobre 2023, di revoca dell'aggiudicazione disposta in favore della ServiceNet21 S.r.l. con precedente determinazione n. 357/2023, e di contestuale riassegnazione e aggiudicazione in favore della Velocar S.r.l. della procedura aperta per l'affidamento del “servizio di locazione, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di n° 4 postazioni fisse omologate per il servizio di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rilevamento automatico di infrazioni al codice della strada (art. 142 C.d.S.) dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana – per un periodo di 4 anni decorrenti dalla data di collaudo” (CIG 9756587E48), per asserita non conformità delle apparecchiature offerte dalla ServiceNet21 S.r.l. alle specifiche tecniche poste a base di gara, e segnatamente alla prescrizione di cui all'art. 2, lett. a, c. 11 del Capitolato Speciale d'appalto;

- della comunicazione in data 24 ottobre 2023, trasmessa ai sensi dell'art. 76, c. 5, D. Lgs. 50/2016, con cui è stata resa nota alla ricorrente la revoca dell'aggiudicazione in suo favore e l'aggiudicazione dell'appalto alla Velocar s.r.l.;

- della nuova aggiudicazione, della proposta di aggiudicazione della gara de qua e dello scorrimento della graduatoria in favore della Velocar s.r.l.;

- della mancata esclusione della Velocar s.r.l. dalla procedura in oggetto;

- del provvedimento di ammissione e di esclusione dei concorrenti in data 13 giugno 2023, nelle parti lesive per la ricorrente;

- della nota del 7 luglio 2023, con cui l'Unione anzidetta ha richiesto alla ricorrente copia della documentazione attestante il possesso dei requisiti delle apparecchiature previsti dall'art. 2, lett. a, n. 11 del Capitolato Speciale d'appalto;

- della nota del 18 luglio 2023, con cui l'Unione medesima ha richiesto alla ricorrente di assumere l'impegno all'installazione di diverse apparecchiature;

- della nota 2 agosto 2023, con cui la Stazione appaltante ha disposto la sospensione dell'efficacia dell'aggiudicazione fino a successiva comunicazione;

- dei verbali della commissione giudicatrice, e segnatamente del verbale del 16 giugno 2023, solo e limitatamente alle parti lesive per la ricorrente;

- dei verbali di gara, solo e limitatamente alle parti lesive per la ricorrente;

- della graduatoria finale e degli esiti finali della procedura pubblicati sulla piattaforma Sater – Intercent-ER, e dei relativi atti di approvazione, nelle parti lesive per la ricorrente;

- dei prospetti riepilogativi dell'esito della gara pubblicati sulla piattaforma Sater, nelle parti lesive per la ricorrente;

- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, anche non noto;

- del bando, del disciplinare, del Capitolato speciale d'appalto e relativi allegati della gara de qua, e segnatamente dell'art. 2, lett. a, n. 11 del Capitolato medesimo, ove e nell'ipotesi in cui siano interpretati in senso difforme da quanto in questa sede argomentato e censurato;

e per l'annullamento

- della nota prot. 32094/2023 del 27 novembre 2023, a firma del Dirigente dell'Area Appalti dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana, indirizzata al Corpo Unico di Polizia Locale dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana, prodotta in giudizio dall'Amministrazione resistente in data 12 dicembre 2023, recante “Comunicazione di efficacia dell'aggiudicazione e trasmissione documenti per contratto”, relativa all'appalto per il “servizio di locazione, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di n° 4 postazioni fisse omologate per il servizio di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rilevamento automatico di infrazioni al codice della strada (art. 142 c.d.s.) dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana – per un periodo di 4 anni decorrenti dalla data di collaudo” (CIG 9756587E48);

- dell'atto di aggiudicazione efficace dell'appalto in oggetto, disposta dall'Unione dei Comuni Bassa Reggiana in favore della Velocar S.r.l.;

- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, anche non noto,

nonché per l'annullamento

- della comunicazione in data 19 ottobre 2023, prot. 28697 del 20 ottobre 2023, prodotta in giudizio dall'Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024, con cui il RUP chiedeva al Responsabile del Servizio Unico Appalti dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana la revoca dell'aggiudicazione alla ricorrente;

- della richiesta di parere presentata in data 9 agosto 2023 dal RUP dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana alla Prefettura di Reggio Emilia, in merito alla conformità della fornitura offerta dalla ServiceNet21, prodotta in giudizio dall'Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024;

- della Relazione del RUP del 9 febbraio 2024 avente ad oggetto “Relazione tecnica in merito a approvazione/omologazione e utilizzo dispositivi accertamento e rilevamento automatico infrazioni, limiti velocità (art. 142 del codice della strada)”. prodotta in giudizio dall'Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024;

- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, anche non noto;

………………nonché per la condanna

della Stazione appaltante al risarcimento in forma specifica mediante l'adozione del provvedimento di aggiudicazione in favore della ServiceNet21 S.r.l., trattandosi della migliore offerente, e, in subordine, per la condanna della Stazione appaltante al risarcimento per equivalente dei danni subiti e subendi dalla ricorrente a causa della revoca dell'aggiudicazione già disposta in suo favore;

………………e per la dichiarazione

dell'inefficacia del contratto d'appalto eventualmente stipulato medio tempore dall'Unione dei Comuni Bassa Reggiana con la Velocar S.r.l., per il quale la ricorrente formula espressa domanda di subentro, e per la condanna, anche in detta eventualità, della Stazione appaltante alla tutela in forma specifica, mediante l'adozione del provvedimento d'aggiudicazione e dei consequenziali atti, incluso il subentro nel contratto, in favore della ServiceNet21 S.r.l.;

………………nonché, in subordine, per la condanna

dell'Unione dei Comuni Bassa Reggiana al risarcimento per equivalente dei danni subiti e subendi.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana e di Velocar S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2024 la dott.ssa Caterina Luperto e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 53 del 10 maggio 2023, l’Unione dei Comuni Bassa Reggiana ha indetto la procedura aperta per l’affidamento del “servizio di locazione, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di n. 4 postazioni fisse omologate per il servizio di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rilevamento automatico di infrazioni al codice della strada (art. 142 c.d.s.) dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana – per un periodo di 4 anni decorrenti dalla data di collaudo” (CIG 9756587E48), per un valore complessivo dell’appalto pari a € 787.200,00, oltre IVA.

Oggetto dell’affidamento è il servizio di noleggio di quattro apparecchiature elettroniche digitali per rilevare, in entrambi i sensi di marcia, la violazione dei limiti di velocità ai sensi dell’art. 142 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285 «Codice della Strada», mediante postazione fissa non rimovibile e permanente (c.d. dispositivi di rilevamento), senza l'obbligo di contestazione immediata.

Il Capitolato Speciale d’appalto ha individuato le caratteristiche tecniche dei citati dispositivi, precisando all’art. 2, lett. a), n. 3 che «ogni dispositivo di rilevamento dovrà essere del tipo fisso, ancorata a terra in posizione protetta per contrastare la manomissione o l’oscuramento anche accidentale nel rispetto della normativa vigente, fermo restando il requisito di essere comunque ben visibile con custodia munita di bande rifrangenti»; al n. 7 che «ciascun dispositivo dovrà essere in grado di rilevare le violazioni su due corsie con opposti sensi di marcia anche al fine di rilevare le violazioni in caso di manovre elusive degli automobilisti: ad esempio veicoli che transitano ad elevata velocità sulla corsia opposta»; al n. 11 che «il sistema dovrà essere dotato di idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe ovvero per il riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa (c.d. O.C.R. cioè un programma per il riconoscimento ottico dei caratteri in inglese “Optical Character Recognition” / A.N.P.R.– Automatic Number Plate Recognition). Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)».

La società ServiceNet21 S.r.l., odierna ricorrente, ha partecipato alla gara, proponendo in sede di offerta tecnica il dispositivo per il rilevamento della velocità media denominato «CELERITAS EVO 1506» unitamente ad un dispositivo di lettura targhe esterno denominato «Vista EnVES08-4KM», certificato in «classe A» secondo la Norma UNI ISO 10772:2016.

Alla gara ha partecipato anche la società Velocar S.r.l., odierna controinteressata.

Nella seduta del 16 giugno 2023 la Commissione giudicatrice ha proceduto alla valutazione delle offerte tecniche, giudicando la migliore offerta quella proposta dalla società ServiceNet21 S.r.l., cui sono stati assegnati 70 punti rispetto ai 64 punti conseguiti dalla società Velocar S.r.l.

Con determina dirigenziale n. 357 del 26 giugno 2023, l’Unione dei Comuni Bassa Reggiana ha approvato il verbale di valutazione delle offerte tecniche e ha disposto l’aggiudicazione del servizio a ServiceNet21 S.r.l., la cui offerta economica corrispondente all’importo di € 669.120,00 era stata ritenuta congrua dal R.U.P.

Successivamente all’aggiudicazione della gara e prima della stipula del contratto, con nota del 7 luglio 2023, l’Unione dei Comuni Bassa Reggiana ha richiesto alla società ServiceNet21 S.r.l. «copia della documentazione attestante il possesso dei requisiti richiesti dalle apparecchiature ex art. 2, lett. a, nr. 11 Capitolato, a tal proposito evidenziando che, dagli elementi reperiti dalla scrivente, le apparecchiature CELERITAS EVO 1506 indicate nell’offerta tecnica risultano prive della cd. Classe A», al fine di valutare la sussistenza dei presupposti per la stipula del contratto.

Con comunicazione del 14 luglio 2023, la società ricorrente ha replicato evidenziando che «In osservanza di quanto richiesto dal Capitolato di gara la Scrivente azienda ha offerto in sede di gara un sistema complessivo composto da un’apparecchiatura di rilevamento delle infrazioni denominata CELERITAS EVO 1506 (dotata di approvazione ministeriale) oltre che da un idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe denominato Vista EnVES08-4KM (certificato UNI10772:2016), che risponde pienamente alle caratteristiche di cui al punto 11 della lettera A dell’art. 2 del Capitolato», ed allegando «l’approvazione ministeriale del dispositivo CELERITAS EVO 1506 e la certificazione UNI10772:2016 del dispositivo Vista EnVES08-4KM che costituiscono il sistema complessivo offerto».

Con comunicazione datata 18 luglio 2023, la Stazione appaltante ha comunicato all’odierna ricorrente che «dalla documentazione prodotta, che specifica la prevista installazione del 'dispositivo per la lettura automatica delle targhe Vista EnVES08-4KM', si evince che non può così dirsi soddisfatta la clausola ex art. 2 c. 11 Capitolato, che richiede la fornitura in piena classe A con omologazione ministeriale di tutto il sistema, e non la sola certificazione UNI 10772:2016 del dispositivo per la lettura automatica delle targhe (vd. esempio per analogia omologazione MIMS reg. decr. 349 del 16/08/2021)», invitando la società ricorrente ad assumere l'impegno all'installazione di diverse apparecchiature conformi alle prescrizioni del capitolato, con l’avvertimento che in assenza di positivo riscontro si sarebbe proceduto a revoca dell’aggiudicazione.

La società ServiceNet21 S.r.l., in risposta alla suddetta comunicazione, con nota del 26 luglio 2023, ha replicato di aver fornito alla Stazione appaltante «tutta la documentazione tecnica, nonché i decreti ministeriali, atti a comprovare l’idoneità e l’equivalenza del “sistema complessivo” offerto composto da un’apparecchiatura di rilevamento delle infrazioni denominata CELERITAS EVO 1506 (dotata di approvazione ministeriale) oltre che da un idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe denominato Vista EnVES08-4KM (certificato UNI10772:2016)».

Con determina n. 523 del 23 ottobre 2023, l’Unione dei Comuni Bassa Reggiana ha revocato l’aggiudicazione disposta in favore della società ricorrente per non conformità delle apparecchiature a noleggio offerte alle specifiche tecniche poste a base di gara e, in particolare, alla prescrizione di cui all’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto, e ha aggiudicato in via definitiva l’appalto a favore della società Velocar S.r.l.

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, ServiceNet21 S.r.l. ha impugnato, con richiesta di misure cautelari sospensive, la determina di revoca dell’aggiudicazione e gli atti ad essa connessi tra cui, in particolare, la nuova aggiudicazione disposta a favore di Velocar S.r.l., lamentando peraltro la mancata esclusione della predetta società dalla procedura di gara. Ha altresì impugnato il bando di gara, il disciplinare e il Capitolato speciale d’appalto, con particolare riferimento all’art. 2, lett. a), n. 11, limitatamente al caso in cui vi sia data un’interpretazione restrittiva che precluda l’idoneità dell’offerta tecnica di ServiceNet21 S.r.l.

La società ricorrente ha richiesto, poi, la dichiarazione di inefficacia del contratto d’appalto eventualmente stipulato medio tempore dall’Unione dei Comuni Bassa Reggiana con Velocar S.r.l., con espressa domanda di subentro, e la condanna della Stazione appaltante al risarcimento in forma specifica mediante l’adozione del provvedimento di aggiudicazione a proprio favore.

Si è costituita in giudizio la controinteressata Velocar S.r.l., instando per la reiezione del ricorso.

Si è costituita in giudizio, altresì, l’Unione dei Comuni Bassa Reggiana che, con memoria del 12 dicembre 2023, ha eccepito in via pregiudiziale l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, ai sensi dell’art. 35 comma 1 lett. c) cod. proc. amm., per non avere la ricorrente impugnato il provvedimento del Dirigente dell’Area Appalti dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana del 27 novembre 2023 con cui veniva data «Comunicazione di efficacia dell’aggiudicazione e trasmissione documenti per contratto»; nel merito ha richiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Alla camera di consiglio del 13 dicembre 2023, il difensore della parte ricorrente ha rinunciato all’istanza di sospensiva, a fronte della fissazione dell'udienza pubblica per la trattazione del merito alla data del 6 marzo 2024 e dell’impegno assunto dall’amministrazione, dichiarato per il tramite del difensore, a non sottoscrivere il contratto con l'attuale aggiudicatario sino alla decisione di merito, salva l'ipotesi di rinuncia al giudizio da parte della ricorrente.

Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17 gennaio 2024, la ricorrente ha impugnato, oltre agli atti già gravati con il ricorso introduttivo, anche la nota del Dirigente dell’Area Appalti dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana, del 27 novembre 2023, indirizzata al Corpo Unico di Polizia Locale dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana, prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 12 dicembre 2023, recante “Comunicazione di efficacia dell’aggiudicazione e trasmissione documenti per contratto”, relativa all’appalto per il “servizio di locazione, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di n. 4 postazioni fisse omologate per il servizio di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rilevamento automatico di infrazioni al codice della strada (art. 142 c.d.s.) dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana per un periodo di 4 anni decorrenti dalla data di collaudo”; inoltre, ha impugnato l’atto di aggiudicazione efficace dell’appalto a favore della società Velocar S.r.l.

Alla pubblica udienza del giorno 6 marzo 2024, ad esito della richiesta di rinvio proposta dalla ricorrente in ragione della necessità di proporre ulteriori motivi aggiunti, la trattazione del merito è stata rinviata alla pubblica udienza del giorno 23 aprile 2024.

Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 12 marzo 2024, la ricorrente ha impugnato ulteriori atti della procedura e, segnatamente, la comunicazione prot. 28697 del 20 ottobre 2023 (prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024), con cui il R.U.P. ha proposto al Responsabile del Servizio Unico Appalti dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana la revoca dell’aggiudicazione alla ricorrente; la richiesta di parere presentata in data 9 agosto 2023 dal R.U.P. alla Prefettura di Reggio Emilia, in ordine alla conformità della fornitura offerta da ServiceNet21 S.r.l. (prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024); la relazione del R.U.P. del 9 febbraio 2024 avente ad oggetto «Relazione tecnica in merito a approvazione/omologazione e utilizzo dispositivi accertamento e rilevamento automatico infrazioni, limiti velocità (art. 142 del codice della strada)» (prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024).

Con memoria depositata agli atti del giudizio in data 20 marzo 2024, l’Amministrazione resistente ha proposto in via pregiudiziale plurime eccezioni di inammissibilità ed irricevibilità dell’atto per motivi aggiunti, instando nel merito per la reiezione del ricorso introduttivo e degli atti per motivi aggiunti per infondatezza.

Con memoria depositata in giudizio in data 3 aprile 2024 anche la controinteressata Velocar S.r.l. ha eccepito in via pregiudiziale l’inammissibilità dell’atto per motivi aggiunti del 12 marzo 2024 per carenza di legittimazione e per carenza di interesse con specifico riferimento ad un motivo di ricorso.

Alla pubblica udienza del giorno 23 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

In via pregiudiziale.

In limen litis, deve essere disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi dell’art. 35 comma 1 lett. c) cod. proc. amm., sollevata dall’Unione dei Comuni Bassa Reggiana con la memoria del 12 dicembre 2023, attesa l’impugnazione da parte della ricorrente, con motivi aggiunti del 17 gennaio 2024, del provvedimento del Dirigente dell’Area Appalti dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana del 27 novembre 2023 con cui veniva data «Comunicazione di efficacia dell’aggiudicazione e trasmissione documenti per contratto».

Sempre in via pregiudiziale, il Collegio ritiene di prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità ed irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti del 12 marzo 2024, sollevate dall’Amministrazione resistente e dalla controinteressata Velocar S.r.l., attesa l’infondatezza nel merito del ricorso introduttivo e degli atti per motivi aggiunti, per le ragioni che innanzi si illustrano.

Sul ricorso introduttivo e sul ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17 gennaio 2024.

Venendo al merito, il ricorso introduttivo del giudizio e il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17 gennaio 2024 possono essere trattati congiuntamente, in quanto affidati alle medesime censure.

I. “Violazione dell’art. 97 Cost. - Violazione e falsa applicazione della lex specialis e segnatamente dell’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto - Violazione dei principi del favor partecipationis; di tutela del legittimo affidamento e di buona fede. – Violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare. - Violazione dell’art. 1, c. 2 bis, L. 241/1990. - Illegittimità derivata. - Eccesso di potere per carenza e contraddittorietà della motivazione; difetto, erroneità e insufficienza d’istruttoria; difetto ed erroneità dei presupposti in fatto e in diritto; irragionevolezza e illogicità; perplessità dell’azione amministrativa; contraddittorietà. – Sviamento di potere” [motivo sub 1) del ricorso introduttivo e sub 5) dell’atto per motivi aggiunti].

Con il primo motivo del ricorso introduttivo e dell’atto per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024, la deducente lamenta l’illegittimità diretta della revoca dell’aggiudicazione precedentemente disposta a proprio favore e l’illegittimità derivata della comunicazione di efficacia del provvedimento di aggiudicazione in favore di Velocar S.r.l., fondate sulla ritenuta non conformità dell’offerta tecnica al requisito di cui all’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto, in ragione della circostanza che i dispositivi di rilevamento «CELERITAS EVO 1506» risulterebbero privi della c.d. «classe A».

Secondo la prospettazione attorea, infatti, a mente del Capitolato Speciale d’appalto doveva essere presentato, in sede di offerta tecnica, un “sistema complessivo”, costituito da un dispositivo per il rilevamento automatico delle infrazioni e da un sistema di lettura delle targhe. Precisa che l’approvazione o omologazione è richiesta per il solo dispositivo di rilevamento automatico delle infrazioni e non per il “sistema complessivo”, né per il sistema di lettura delle targhe.

Evidenzia di aver proposto, in sede di offerta tecnica, un “sistema complessivo” pienamente rispondente alle caratteristiche ex art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale, dal momento che l’apparecchiatura di rilevamento delle infrazioni denominata «CELERITAS EVO 1506» è dotata di approvazione ministeriale, mentre il sistema per la lettura automatica delle targhe denominato «Vista EnVES08-4KM» è certificato UNI 10772:2016, in piena «classe A».

Precisa ulteriormente che la norma UNI 10772:2016 non riguarda i sistemi di rilevamento delle infrazioni ma solo i “Sistemi di Trasporto Intelligenti - Sistemi per l'elaborazione delle immagini video atti al riconoscimento delle targhe”; e che, invece, non sia configurabile l’omologazione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dei dispositivi per la lettura automatica delle targhe, potendosi l’omologazione ritenere ammissibile, a mente del Codice della Strada e del relativo Regolamento di esecuzione ed attuazione (art. 192, D.P.R. 495/1992), per i soli dispositivi di rilevamento di infrazioni.

Soggiunge, in ogni caso, la non essenzialità del dispositivo di lettura delle targhe per la rilevazione in automatico delle infrazioni, in quanto in ultima analisi tale lettura deve essere verificata dall’agente accertatore.

La società ricorrente prospetta, ulteriormente, un difetto di istruttoria, verosimilmente riconducibile alla insufficiente conoscenza del settore tecnologico dei sistemi automatici di rilevamento delle infrazioni, testimoniato dal fatto che la Stazione appaltante avrebbe richiesto un parere circa l’omologazione o l’autorizzazione del dispositivo di che trattasi non al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, ma alla Prefettura.

I motivi sono infondati.

Giova preliminarmente delineare il quadro normativo di riferimento.

L’art. 142 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992 n. 285 («Codice della Strada») prevede, al comma 6, che «Per la determinazione dell'osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, anche per il calcolo della velocità media di percorrenza su tratti determinati, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento».

L’art. 45, comma 6, del Decreto Legislativo 30 aprile 1992 n. 285 rinvia al Regolamento di esecuzione e di attuazione (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495) per quanto attiene alle procedure di approvazione ed omologazione dei dispositivi di rilevamento automatico delle infrazioni prevedendo che «Nel regolamento sono precisati i segnali, i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti all'accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, ed i materiali che, per la loro fabbricazione e diffusione, sono soggetti all'approvazione ed omologazione da parte del Ministero dei lavori pubblici, previo accertamento delle caratteristiche geometriche, fotometriche, funzionali, di idoneità e di quanto altro necessario. Nello stesso regolamento sono precisate altresì le modalità di omologazione e di approvazione».

Il D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 «Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada» prevede all’art. 192 «Omologazione ed approvazione», comma 1, che «Ogni volta che nel codice e nel presente regolamento è prevista la omologazione o la approvazione di segnali, di dispositivi, di apparecchiature, di mezzi tecnici per la disciplina di controllo e la regolazione del traffico, di mezzi tecnici per l'accertamento e il rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, di materiali, attrezzi o quant'altro previsto a tale scopo, di competenza del Ministero dei lavori pubblici, l'interessato deve presentare domanda, in carta legale a tale dicastero, indirizzandola all'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, corredata da una relazione tecnica sull'oggetto della richiesta, da certificazioni di enti riconosciuti o laboratori autorizzati su prove alle quali l'elemento è stato già sottoposto, nonché da ogni altro elemento di prova idoneo a dimostrare l'utilità e l'efficienza dell'oggetto di cui si chiede l'omologazione o l'approvazione e presentando almeno due prototipi dello stesso. Alla domanda deve essere allegata la ricevuta dell'avvenuto versamento dell'importo dovuto per le operazioni tecnico-amministrative ai sensi dell'articolo 405».

Al comma 2 è poi previsto che «L'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del Ministero dei lavori pubblici accerta, anche mediante prove, e avvalendosi, quando ritenuto necessario, del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, la rispondenza e la efficacia dell'oggetto di cui si richiede l'omologazione alle prescrizioni stabilite dal presente regolamento, e ne omologa il prototipo quando gli accertamenti abbiano dato esito favorevole. L'interessato è tenuto a fornire le ulteriori notizie e certificazioni che possono essere richieste nel corso dell'istruttoria amministrativa di omologazione e acconsente a che uno dei prototipi resti depositato presso l'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale»; al comma 3 che «Quando trattasi di richiesta relativa ad elementi per i quali il presente regolamento non stabilisce le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni, il Ministero dei lavori pubblici approva il prototipo seguendo, per quanto possibile, la procedura prevista dal comma 2».

In considerazione delle suddette previsioni, pertanto, i dispositivi per il rilevamento automatico delle infrazioni ai limiti di velocità, che operano senza l’intervento dell’organo accertatore, necessitano di specifica autorizzazione da parte dell’attuale Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.

Orbene, sulla differenza tra il procedimento di «omologazione» e quello di «approvazione» dei dispositivi e sistemi di regolazione e controllo della circolazione stradale è intervenuto il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che, con la circolare n. 0008176 del giorno 11 novembre 2020, ha inteso far chiarezza sulla presunta criticità, proposta in diversi quesiti, della mancata omologazione di tutti i sistemi di misurazione della velocità, sia istantanea sia media, che risulterebbero approvati con decreto ministeriale, ma non omologati.

La citata circolare precisa, peraltro, che le procedure tipo per l’omologazione/approvazione di dispositivi e dei sistemi di rilevazione d’infrazioni, previste dall’art. 45, comma 6, del Codice della Strada e regolate dall’art. 192 del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, si basano su un’istruttoria tecnico-amministrativa, identica sia per l’omologazione sia per l’approvazione, svolta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, tesa a valutare la validità, l’efficacia e l’efficienza del prodotto e la sua conformità alle norme tecniche nazionali e comunitarie vigenti al momento dell’esame. Soggiunge che la differenza tra il procedimento di omologazione e quello di approvazione è da ricercarsi unicamente nel fatto che per il primo esistono le relative norme tecniche di riferimento, specifiche per la funzione fondamentale svolta dal dispositivo, mentre per il secondo manca tale riferimento, pur dovendosi seguire procedure standardizzate e verifiche di funzionalità dei dispositivi da approvare.

Con specifico riferimento ai sistemi di misurazione della velocità, la circolare puntualizza che «in mancanza di una specifica norma tecnica di riferimento che definisca i loro requisiti e le loro caratteristiche, questo Ufficio, dall’inizio della propria attività di settore e ancora attualmente, provvede alla loro approvazione; pertanto, tutti i sistemi di misurazione della velocità installati e utilizzati dagli organi di polizia per l’accertamento delle violazioni, sono soggetti ad “approvazione”». Pertanto, una volta approvati, i dispositivi possono essere utilizzati per l’accertamento delle violazioni, parimenti a quelli omologati.

Tali dispositivi costituiscono un sistema complesso, formato dallo specifico dispositivo che rileva in via automatica le infrazioni e da quelli ad esso associati che consentono la lettura da remoto delle targhe.

Per i sistemi di lettura delle targhe la norma tecnica di riferimento è la norma UNI ISO 10772 che deve seguire nel tempo l'evoluzione della tecnica, cosicché dopo una prima versione UNI ISO 10772 del 1998, che è stata abrogata e ritirata, essa è stata sostituita dalla norma più evoluta UNI ISO 10772 del 2016, entrata in vigore il 4 aprile 2016 (cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 19 agosto 2019, n. 664).

La norma UNI ISO 10772 del 2016 «Sistemi di Trasporto Intelligenti - Sistemi per l'elaborazione delle immagini video atti al riconoscimento delle targhe» descrive il funzionamento e le caratteristiche di sistemi telematici che acquisiscono e trasmettono a distanza immagini digitalizzate di veicoli basandosi sul riconoscimento automatico delle targhe dei veicoli, ai fini dell’accertamento delle violazioni al codice della strada.

In definitiva, tutti i dispositivi atti all’accertamento ed al rilevamento automatico delle violazioni all’art. 142 del Codice della Strada («Limiti di Velocità») sono soggetti all'approvazione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, diversamente non potrebbero essere commercializzati, installati e non avrebbero la capacità di sanzionare (cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 19 agosto 2019, n. 664); in particolare, poi, i dispositivi di rilevamento da remoto delle targhe, associati ai dispositivi di rilevamento della velocità media ed istantanea, devono essere conformi alla norma UNI ISO 10772 del 2016.

Il decreto con cui il Ministero delle Infrastrutture e i Trasporti approva il dispositivo esplica la propria efficacia su ogni componente utilizzato, compreso il sistema di lettura targhe o di riconoscimento ottico dei caratteri delle targhe (c.d. O.C.R. “Optical Character Recognition”), precludendo, pertanto, l’utilizzabilità di componenti non espressamente individuate nella procedura di approvazione in assenza di specifiche modifiche del decreto.

I decreti di approvazione possono essere aggiornati con specifico provvedimento ministeriale sì da consentire l’estensione dell’approvazione ad ulteriori componenti tecniche del dispositivo. In assenza di un decreto di aggiornamento o di modifica del decreto di approvazione originario, le ulteriori componenti associate al dispositivo per la rilevazione delle infrazioni, ancorché in tesi migliorative dello stesso, non rispondono ai requisiti di utilizzabilità previsti.

Orbene, venendo alla fattispecie de qua agitur, il Capitolato speciale di appalto, all’art. 2, lettera a), prevede quali «dispositivi di rilevamento» «N. 4 (quattro) impianti fissi approvati/omologati, a norma delle disposizioni del D.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada, di seguito C.d.S.) e relative norme di cui al D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della Strada, di seguito Reg. C.d.S.), da destinare a postazione per il controllo, la documentazione, l’accertamento, la misurazione della velocità ed il rilevamento automatico delle violazioni per il superamento dei limiti massimi di velocità, sia media che puntuale, di cui all’art. 142 del C.d.S., senza la presenza degli organi di polizia stradale, in entrambe le direzioni di marcia dei 4 tratti di strada individuati, secondo quanto in dettaglio stabilito di seguito nel presente capitolato».

L’art. 2, lettera a) del Capitolato speciale, poi, al punto n. 11 stabilisce che «il sistema dovrà essere dotato di idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe ovvero per il riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa (c.d. O.C.R. cioè un programma per il riconoscimento ottico dei caratteri in inglese “Optical Character Recognition” / A.N.P.R.– Automatic Number Plate Recognition). Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)».

Sostiene la ricorrente che, essendo l’apparecchiatura di rilevamento delle infrazioni «CELERITAS EVO 1506» dotata dell’approvazione ministeriale ed essendo l’annesso dispositivo per la lettura automatica delle targhe «Vista EnVES08-4KM» certificato UNI 10772:2016 in piena «classe A», la fornitura sarebbe conforme alle prescrizioni del richiamato art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato speciale, con conseguente illegittimità della revoca dell’aggiudicazione e della comunicazione di efficacia del provvedimento di aggiudicazione in favore della Velocar.

Tali conclusioni non sono suscettibili di favorevole apprezzamento.

Il dispositivo per il rilevamento da remoto delle infrazioni al Codice della Strada, installabile ed utilizzabile senza l’obbligo di contestazione immediata da parte degli organi accertatori, risulta essere un sistema complesso, formato dal dispositivo di rilevamento da remoto delle infrazioni, cui è collegato un sistema di lettura delle targhe degli autoveicoli o di riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa (c.d. O.C.R. “Optical Character Recognition”).

Orbene, se il dispositivo di rilevamento automatico delle targhe o di riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa deve essere conforme ai requisiti dettati dalla norma UNI ISO 10772 del 2016, invero oggetto di approvazione è l’intera apparecchiatura finalizzata al controllo, alla documentazione, all’accertamento, alla misurazione della velocità ed al rilevamento automatico delle violazioni per il superamento dei limiti massimi di velocità di cui all’art. 142 del Codice della Strada.

Pertanto oggetto di specifica approvazione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti deve necessariamente essere il sistema complessivo formato dal dispositivo denominato «CELERITAS EVO 1506» e dal dispositivo di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM».

Orbene, dalla documentazione versata in atti, la ricorrente risulta aver prodotto unicamente il decreto dirigenziale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 4671 del 28 luglio 2016, con cui è stato originariamente approvato il sistema «CELERITAS EVO 1506» e alcuni rapporti di prova relativi alla conformità alla norma UNI ISO 10772 2016 del dispositivo «Vista EnVES08-4KM», senza quindi attestare l’avvenuta approvazione del dispositivo di rilevamento delle infrazioni unitamente a quello di lettura delle targhe, invero mai rilasciata.

Ed infatti, dal parere reso dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in data 12 ottobre 2023, in risposta ad un quesito sollevato dalla Prefettura di Reggio Emilia in data 2 ottobre 2023, risulta che «Il dispositivo 'CELERITAS EVO 1506' è stato approvato con D.D. n. 4671 del 28 luglio 2016 e successivamente l'approvazione è stata estesa con il D.D. n. 4018 del 21 giugno 2017 e con il D.D. n. 552 del 23 dicembre 2021; tale dispositivo è costituito da uno o più sensori laser per il rilevamento della velocità, un'unità di elaborazione e da uno o più sistemi di ripresa 'Vista EnVES06plus', 'Vista EnVES06' o 'Vista EnVES04R', ma non anche 'Vista EnVES08-4KM'».

In particolare, con decreto dirigenziale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 4671 del 28 luglio 2016 è approvato il sistema per il controllo della velocità media e puntuale denominato «CELERITAS EVO 1506», finalizzato all’ accertamento delle infrazioni ai limiti massimi di velocità, prodotto dalla società EngiNe S.r.l.

Con successivo decreto dirigenziale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 4018 del 21 giugno 2017 l’approvazione del sistema per il controllo della velocità media e puntuale denominato «CELERITAS EVO 1506» è stata estesa alla versione con telecamera modello «AXIS P1365MKII».

Con decreto dirigenziale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 552 del 23 dicembre 2021, poi, «L’approvazione del dispositivo denominato “CELERITAS EVO 1506” per il rilevamento delle infrazioni ai limiti massimi di velocità istantanea e media (…) è estesa ad una versione con un nuovo sistema di ripresa denominato “Vista EnVES06plus” equipaggiato con il nuovo illuminatore IR denominato “EnHPIRLS-8234” in luogo del precedente denominato “EnHPIRLS-8233”, e con l’aggiornamento del “Manuale di installazione apparati CELERITAS EVO 1506”, versione 1.2.0 luglio 2021».

Come già evidenziato, quindi, il decreto con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti approva il dispositivo esplica la propria efficacia su ogni componente utilizzato, compreso il sistema di ripresa (di lettura targhe o di riconoscimento ottico delle targhe O.C.R.), precludendo, pertanto, l’utilizzabilità di componenti non espressamente individuate nella procedura di approvazione in assenza di specifiche modifiche del decreto.

Ebbene, come osservato nel citato parere, la configurazione costituita dal dispositivo «CELERITAS EVO 1506» in combinazione con un gruppo di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM» non è mai stata approvata ai sensi dell'art. 45 del Codice della Strada e dell'art. 192 del relativo Regolamento di Esecuzione e di Attuazione per il rilevamento automatico delle infrazioni ai limiti di velocità, ragion per cui l’utilizzabilità di un sistema di lettura delle targhe diverso da quelli specificamente approvati con decreto ministeriale per il dispositivo «CELERITAS EVO 1506» non risulta rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 2, lett. a) del Capitolato speciale d’appalto.

Pertanto il sistema complessivo offerto dalla ricorrente non risulta conforme alle previsioni del Capitolato speciale d’appalto che, all’art. 2, lettera a), punto 11, prevede che «il sistema dovrà essere dotato di idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe ovvero per il riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa (c.d. O.C.R. cioè un programma per il riconoscimento ottico dei caratteri in inglese “Optical Character Recognition” / A.N.P.R.– Automatic Number Plate Recognition). Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)», con ciò dovendosi ritenere necessaria l’approvazione dell’intero sistema.

In altri termini, non è sufficiente la sola approvazione del dispositivo «CELERITAS EVO 1506», né il fatto che il sistema di lettura delle targhe sia conforme alla norma UNI ISO 10772 del 2016, dovendo essere l’approvazione ministeriale comprensiva non solo del dispositivo di rilevamento automatico della velocità, ma anche di ogni componente utilizzato, compreso il sistema di lettura targhe o riconoscimento ottico dei caratteri delle targhe, non sussistente nel caso di specie.

Se, infatti, l’approvazione del sistema di rilevamento delle infrazioni «CELERITAS EVO 1506» è stata estesa ai sistemi di ripresa «Vista EnVES06plus», «Vista EnVES06» o «Vista EnVES04R», l’estensione non ha riguardato il sistema di ripresa «Vista EnVES08-4KM'», di talchè il sistema complessivo «CELERITAS EVO 1506» e «Vista EnVES08-4KM'» non risulta dotato di «omologazione (rectius approvazione) del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture» come richiesto dall’art. 2, lettera a), n. 11 del Capitolato speciale d’appalto.

Pertanto correttamente la Stazione appaltante, con comunicazione del 18 luglio 2023, ha reso edotta la società ricorrente della circostanza che «dalla documentazione prodotta, che specifica la prevista installazione del 'dispositivo per la lettura automatica delle targhe Vista EnVES08-4KM', si evince che non può così dirsi soddisfatta la clausola ex art. 2 c. 11 Capitolato, che richiede la fornitura in piena classe A con omologazione ministeriale di tutto il sistema, e non la sola certificazione UNI 10772:2016 del dispositivo per la lettura automatica delle targhe (vd. esempio per analogia omologazione MIMS reg. decr. 349 del 16/08/2021)», invitandola ad assumere l’impegno all’installazione «di diverse apparecchiature per le quali sia contestualmente documentata la conformità alle prescrizioni del capitolato».

Tale comunicazione evidenzia l’insufficienza della sola certificazione UNI 10772 2016, richiedendo l’«omologazione (rectius approvazione) ministeriale di tutto il sistema».

E parimenti correttamente, in ragione del riscontro alla nota con cui l’impresa aggiudicataria sosteneva la conformità al Capitolato speciale di quanto offerto in gara, senza allegare valida documentazione e invocando il principio dell’equivalenza, la Stazione Appaltante, ritenendo che «tale equivalenza non possa applicarsi al caso specifico perché l’omologazione da parte del Ministero competente, classe A inclusa, comportano il rispetto di specifiche tecniche che si ritiene non siano state altrimenti comprovate dall’aggiudicatario», con la determina n. 523 del 23 ottobre 2023 ha revocato l’aggiudicazione «per non conformità delle apparecchiature a noleggio offerte alle specifiche tecniche poste a base di gara e in particolare alla prescrizione ex art. 2 c. 11 del Capitolato Speciale d’Appalto che richiede “Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)”» e ha aggiudicato in via definitiva l’appalto alla società Velocar S.r.l.

Ed infatti, la controinteressata Velocar S.r.l. aveva prodotto, in sede di offerta tecnica, il decreto del 16 agosto 2021 con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva esteso l’approvazione del dispositivo per il rilevamento automatico delle infrazioni ai limiti di velocità massima puntuale e media, denominato «Velocar Red & Speed EVO M», ad una nuova versione denominata «VRS EVO-M» nelle configurazioni «VRS-EVO-T12-5-R» con ottica da 35 mm e «VRS-EVO-T12-5-R» con ottica da 50 mm, risultando pertanto la prescritta approvazione estesa a tutte le componenti del dispositivo.

Non persuade la tesi sostenuta dalla ricorrente in relazione alla non essenzialità del dispositivo di lettura delle targhe per la rilevazione in automatico delle infrazioni, in quanto in ultima analisi tale lettura dovrebbe essere verificata dall’agente accertatore.

In disparte le già evidenziate precisazioni relative al fatto che il decreto ministeriale di approvazione è omnicomprensivo, avendo lo stesso riguardo non solo al dispositivo di rilevamento delle infrazioni, ma anche ai relativi sistemi di lettura delle targhe, osserva il Collegio che la scelta di prevedere un sistema di rilevamento delle infrazioni dotato di idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe ovvero per il riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa certificato, conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena «classe A» e con omologazione (rectius approvazione) ministeriale, rientra nella piena e legittima discrezionalità della Stazione appaltante in ordine alle specifiche tecniche dei prodotti in termini di prestazioni e requisiti funzionali al perseguimento dell’interesse pubblico.

Tale scelta discrezionale è, peraltro, pienamente rispondente all’interesse pubblico che viene in rilievo nel caso di specie, ovvero quello di procedere ad una regolare attività di rilevamento delle infrazioni ai sensi dell’art. 142 del Codice della Strada che sia esente, peraltro, dal proliferare di contenzioso che sarebbe evidentemente innescato dall’utilizzo di strumentazione non conforme ai decreti ministeriali di approvazione.

Come osservato dalla giurisprudenza amministrativa, infatti, «Le pubbliche amministrazioni sono dotate di un’ampia discrezionalità nell'individuare i prodotti e i servizi che decidono di acquisire con il ricorso alle procedure di evidenza pubblica (…). Le caratteristiche essenziali e indefettibili delle prestazioni o del bene previste dalla lex specialis costituiscono una condizione di partecipazione alla procedura selettiva, perché non è ammissibile che il contratto venga aggiudicato ad una concorrente che non garantisca il minimo prestabilito, minimo che vale ad individuare l’essenza della stessa res richiesta» (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 24 ottobre 2023, n. 9210).

Parimenti prive di pregio sono le deduzioni della ricorrente in ordine all’asserito difetto di istruttoria, per avere la Stazione appaltante richiesto il parere sull’avvenuta o meno approvazione ministeriale del «sistema costituito dal dispositivo denominato 'CELERITAS EVO 1506' equipaggiato con un gruppo di ripresa denominato 'VISTA ENVES08-4KM'» alla Prefettura e non al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Premessa la competenza della Prefettura, quale Ufficio Territoriale del Governo, in generale in tema di sicurezza stradale e, in particolare, con riferimento alle procedure di autorizzazione alla localizzazione sul territorio dei dispositivi di rilevamento da remoto delle infrazioni al Codice della Strada, in ragione della impossibilità di procedere al «fermo di un veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione», ai sensi dell’art. 4 del Decreto Legge 20 giugno 2002, n. 121 (convertito nella Legge 1 agosto 2002, n. 168), come modificato dall’art. 49, comma 5 undecies, del Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76 (convertito con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120), nel caso di specie correttamente la Prefettura ha richiesto il parere al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, competente, invece, all’approvazione dei dispositivi in questione ai sensi dell’art. 45 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

Quanto, infine, all’ulteriore profilo di censura, con cui si evidenzia che la mancata indicazione della certificazione UNI 10772:2016 all’interno del testo del decreto di approvazione del dispositivo «CELERITAS EVO 1506» sarebbe stata segnalata in sede di gara dalla controinteressata Velocar S.r.l. e ritenuta non rilevante dalla Commissione, e che, pertanto, la successiva revoca dell’aggiudicazione disposta dal R.U.P. sarebbe illegittima, il Collegio osserva che, come correttamente evidenziato nella determina di revoca, «trattandosi di conformità richiesta ai fini dell’esecuzione del contratto e quindi non oggetto di valutazione qualitativa in sede di gara, la Commissione ha correttamente ritenuto di non valutare in quella sede gli elementi che potessero riscontrare tale requisito in considerazione del fatto che la suddetta documentazione a comprova non era richiesta in gara (vd. verbale di gara approvato con determinazione 357/2023)».

Pertanto, dopo l’aggiudicazione, dovendo valutare la sussistenza delle condizioni per la stipula del contratto, la Stazione appaltante ha richiesto all’impresa aggiudicataria di produrre copia della documentazione attestante il possesso dei requisiti ex art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato speciale d’appalto, per come dichiarata in sede di offerta tecnica.

La documentazione fornita dall’aggiudicatario è stata, quindi, valutata dalla Stazione appaltante e dal R.U.P. e ritenuta non conforme alle prescrizioni del Capitolato speciale.

Orbene, pur potendo procedere ad immediata revoca dell’aggiudicazione, la Stazione appaltante ha proposto all’impresa aggiudicataria la sostituzione dei dispositivi con altri che risultassero conformi al Capitolato speciale e, nel contempo, ha formulato specifico quesito alla Prefettura.

L’impresa aggiudicataria, quindi, non solo non ha fornito idonea documentazione attestante la conformità dei dispositivi alle prescrizioni del Capitolato speciale, ma ne ha ribadito la conformità invocando il principio di equivalenza.

Per tali ragioni, ad esito dell’istruttoria svolta prima della stipula del contratto, la revoca dell’aggiudicazione deve qualificarsi come atto dovuto, in ragione del fatto che era stata oggettivamente riscontrata la carenza di un requisito ritenuto essenziale per l’ammissibilità dell’offerta.

Alla luce delle suesposte considerazioni, le censure articolare con il primo motivo del ricorso introduttivo e del ricorso per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024 devono ritenersi infondate.

II. “Violazione dell’art. 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione della lex specialis e segnatamente dell’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale, sotto altro profilo. - Violazione dell’art. 68, D. Lgs. 50/2016 e del principio d’equivalenza. - Violazione dei principi del favor partecipationis; di tutela del legittimo affidamento e di buona fede. – Violazione del principio del risultato – Violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare. - Violazione dell’art. 1, c. 2 bis, L. 241/1990. - Illegittimità derivata. - Eccesso di potere per carenza e contraddittorietà della motivazione; difetto, erroneità e insufficienza d’istruttoria; difetto ed erroneità dei presupposti in fatto e in diritto; irragionevolezza e illogicità; contraddittorietà manifesta – Sviamento di potere, sotto altro profilo” [motivo sub 2) del ricorso introduttivo e sub 6) dell’atto per motivi aggiunti].

La ricorrente lamenta che la determina di revoca sarebbe stata adottata in violazione del principio dell’equivalenza e di quello del favor partecipationis.

Preliminarmente ribadisce la corrispondenza dei prodotti offerti con quanto richiesto dal Capitolato speciale, avendo la stessa proposto un dispositivo per il rilevamento della velocità con omologazione (rectius approvazione) ministeriale e un dispositivo di riconoscimento targhe che ha superato la prova UNI 10772:2016, in «classe A».

Prospetta, in ogni caso, l’equivalenza dei prodotti offerti, segnalando che il sistema «CELERITAS EVO 1506» annovera tra le sue componenti il sistema di ripresa «Vista EnVES06 Plus» in «classe A» e precisando che la propria offerta prevede addirittura un componente migliorativo, vale a dire la telecamera «Vista EnVES08-4KM» con caratteristiche tecniche più avanzate rispetto alla telecamera «Vista EnVES06 Plus».

Rivendica, pertanto, l’operatività del principio dell’equivalenza in ragione del fatto che le prestazioni del prodotto offerto sarebbero caratterizzate da conformità sostanziale con le specifiche tecniche richieste dal Capitolato speciale d’appalto.

Equivalenza che sarebbe confermata dalla circostanza che i dispositivi di rilevamento automatico della velocità attualmente in uso da parte dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana sono gli stessi proposti nella gara per cui vi è controversia.

Lamenta, altresì, la violazione del principio del favor partecipationis, evidenziando che la lettura data dalla Stazione appaltante alle previsioni della lex specialis avrebbe inevitabilmente consentito la partecipazione alla gara del solo operatore economico Velocar S.r.l., in quanto unico operatore economico titolare di un decreto di approvazione (Decreto del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili n. 350 del 16 agosto 2021) in cui sia presente un riferimento alle funzionalità del dispositivo ai sensi della norma UNI 10772:2016.

Deduce, inoltre, la violazione del principio del risultato, di cui all’art. 1 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, secondo cui l'Amministrazione deve tendere al miglior risultato possibile, a tutela dell'interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento.

Tale principio sarebbe stato violato dalla revoca illegittima dell’aggiudicazione in danno dell’operatore economico che aveva offerto la migliore proposta tecnico-economica, avvenuta peraltro a distanza di tempo dall’aggiudicazione medesima.

Le censure articolate con il secondo motivo del ricorso introduttivo e dell’atto per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024 sono prive di fondamento.

Quanto alla conformità della proposta dalla ricorrente con le specifiche tecniche contenute nel Capitolato speciale d’appalto, come diffusamente rilevato nello scrutinio del primo motivo di ricorso, l’invocata corrispondenza non è apprezzabile positivamente, in ragione della mancanza di un decreto ministeriale di approvazione del sistema complesso formato dal dispositivo denominato «CELERITAS EVO 1506» e dal sistema di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM».

Le circostanze evocate dalla ricorrente con riferimento al fatto che il dispositivo «CELERITAS EVO 1506» annovera tra le sue componenti il sistema di ripresa «Vista EnVES06 Plus» che ha la piena «classe A» e che, addirittura, la propria proposta prevede la telecamera «Vista EnVES08-4KM» quale componente migliorativa sono prive di pregio, in quanto l’offerta tecnica della ricorrente non è conforme ai decreti ministeriali di approvazione.

È infatti irrilevante che con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 552 del 23 dicembre 2021 sia stato approvato il sistema «CELERITAS EVO 1506» unitamente al sistema di ripresa «Vista EnVES06 Plus», posto che nella procedura di che trattasi è stato offerto il sistema di ripresa con telecamera «Vista EnVES08-4KM» che, quantunque asseritamente migliorativo, invero non risulta oggetto di specifico decreto ministeriale di approvazione.

A ciò aggiungasi che lo stesso decreto ministeriale n. 552 del 23 dicembre 2021 espressamente prevede che «Non è consentito apportare alcuna modifica al dispositivo “CELERITAS EVO 1506” in assenza di eventuali specifiche modifiche del presente decreto», con ciò confermando la non estensibilità del decreto a componenti aggiuntive diverse da quelle oggetto di specifica approvazione.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente, poi, non può essere invocato nel caso di specie il principio dell’equivalenza delle specifiche tecniche.

Detto principio, infatti, è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche possano essere artatamente utilizzate per operare indebite espulsioni di concorrenti, con il pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche richieste, ed è pertanto diretto ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica non si risolva in una verifica formalistica, ma nella conformità sostanziale dell’offerta alle specifiche tecniche inserite nella lex specialis (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 19 marzo 2019, n. 3646)

Tale principio non può assolutamente essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate, come nel caso in cui l'offerta comprenda una soluzione la quale, sul piano oggettivo, funzionale e strutturale, non rispetta affatto le caratteristiche tecniche obbligatorie, previste nel capitolato di appalto (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 29 settembre 2018 n. 5568).

Precisa la giurisprudenza amministrativa che «La stazione appaltante infatti non può aggiudicare il contratto ad un concorrente che abbia prodotto un’offerta che viola manifestamente le condizioni tassativamente poste dal bando a pena di esclusione. In tal caso la difformità si risolve infatti in un inammissibile aliud pro alio che, di per sé, comporta necessariamente l'esclusione dalla gara. L’indiscriminata ammissione da parte della stazione appaltante di offerte che non rispondono alle specifiche produttive, funzionali e prestazionali richiesta per la partecipazione, finirebbe non solo per vulnerare ineluttabilmente la par condicio, ma vanificherebbero le finalità pratiche e le esigenze concrete perseguite dalla stazione appaltante al momento della indicazione di un determinato standard tecnico-produttivo» (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 29 settembre 2018 n. 5568).

In tale prospettiva, il principio dell’equivalenza non può trovare applicazione nel caso di specie, ove a fronte di un sistema complessivo con omologazione (rectius approvazione) ministeriale e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena «classe A» richiesto dal Capitolato speciale, è stata offerta dalla ricorrente una configurazione costituita dal dispositivo «CELERITAS EVO 1506» in combinazione con un gruppo di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM» mai stata approvata con decreto ministeriale, ai sensi dell'art. 45 del Codice della Strada e dell'art. 192 del relativo Regolamento di Esecuzione e di Attuazione.

La mancata approvazione ministeriale del sistema complessivo offerto dalla ricorrente e, in particolare, l’assenza dell’estensione dell’autorizzazione del dispositivo «CELERITAS EVO 1506» al gruppo di ripresa «VISTA ENVES08-4KM» consente di ritenere che il prodotto offerto dalla ricorrente non sia rispondente alle specifiche produttive, funzionali e prestazionali richieste dalla lex specialis venendo in rilievo non già una «conformità sostanziale» idonea a fondare il principio dell’equivalenza, ma una difformità integrante un inammissibile aliud pro alio.

Né può assumere rilievo dirimente la circostanza che i sistemi proposti in gara dalla ricorrente siano quelli attualmente in uso da parte dell’Unione, posto che la Stazione appaltante, nell’esercizio della propria discrezionalità, ha richiesto nel Capitolato speciale dispositivi dotati di specifiche tecniche differenti da quelli acquisiti in passato, valutando l’interesse pubblico al miglioramento del servizio non solo in termini di standard qualitativi, ma anche sotto il profilo della necessità di ridurre il potenziale contenzioso che inevitabilmente deriverebbe dall’utilizzo di strumentazione tecnica priva di approvazione ministeriale.

È altresì inconferente il riferimento alla violazione del principio del favor partecipationis, in ragione del fatto che – si sostiene –la lettura data dalla Stazione appaltante alle previsioni della lex specialis avrebbe inevitabilmente consentito la partecipazione alla gara esclusivamente di Velocar S.r.l., in quanto unico operatore economico titolare di un decreto di approvazione (decreto del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili n. 350 del 16 agosto 2021) in cui sia presente un riferimento alla funzionalità del dispositivo ai sensi della norma UNI ISO 10772:2016.

In disparte il rilievo di profili di inammissibilità della doglianza, atteso che le censure volte a sindacare un indebito restringimento delle regole pro-concorrenziali devono essere tempestivamente proposte avverso le clausole del bando che illegittimamente precludono la partecipazione alla gara di alcuni operatori economici, la stessa è comunque infondata non ravvisandosi nella fattispecie de qua agitur alcuna lesione del principio del favor partecipationis.

Preliminarmente non corrisponde al vero quanto dedotto dalla ricorrente, circa il fatto che Velocar S.r.l. sarebbe l’unico operatore economico titolare di un decreto di approvazione ministeriale in cui sia presente un riferimento alla funzionalità del dispositivo ai sensi della norma UNI ISO 10772:2016.

Se, infatti, con decreto del Direttore della II^ Divisione della Direzione Generale per la Sicurezza stradale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 350 del 16 agosto 2021 è stato approvato il «dispositivo per il rilevamento automatico delle infrazioni ai limiti di velocità massima puntuale e media, denominato “Velocar Red & Speed EVO M”, prodotto dalla società Velocar S.r.l.», con l’espressa indicazione delle funzioni che detto dispositivo è in grado di svolgere ai sensi della norma UNI 10772:2016, con il precedente decreto del Direttore della II^ Divisione della Direzione Generale per la Sicurezza stradale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 349 del 16 agosto 2021 è stato approvato, ai sensi dell’art. 45 del Codice della Strada, il dispositivo per l’accertamento delle infrazioni ai limiti massimi di velocità istantanea denominato «CELERITAS MVD 2020», prodotto dalla società EngiNe s.r.l., con l’espressa previsione che «il dispositivo, limitatamente alla versione equipaggiata con il sistema Vista EnVES08-4KM descritto nell’articolo seguente, è anche in grado di riconoscere le targhe dei veicoli in infrazione, ai sensi della norma UNI 10772:2016 “Sistemi di Trasporto Intelligenti - Sistemi per l'elaborazione delle immagini video atti al riconoscimento delle targhe', alle condizioni e nei limiti di cui all’articolo 3». Non risulta quindi che la controinteressata Velocar S.r.l. è l’unico operatore economico sul mercato titolare di un decreto di approvazione ministeriale in cui sia presente un riferimento alle funzionalità ai sensi della norma UNI ISO 10772 2016.

In ogni caso la censura è infondata, posto che la lex specialis di gara non restringe la partecipazione ai soli concorrenti in grado di allegare il decreto di approvazione ministeriale del sistema complessivo offerto con specifico riferimento alle prove di funzionalità ai sensi della norma UNI ISO 10772:2016, ma richiede ai sensi dell’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato speciale d’appalto che «il sistema dovrà essere dotato di idoneo dispositivo per la lettura automatica delle targhe ovvero per il riconoscimento ottico automatico dei caratteri della targa (c.d. O.C.R. cioè un programma per il riconoscimento ottico dei caratteri in inglese “Optical Character Recognition” / A.N.P.R.– Automatic Number Plate Recognition). Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)», con ciò richiedendosi un «sistema complessivo» costituito dal dispositivo di rilevamento della velocità e dal sistema di lettura delle targhe dotato di «omologazione (rectius approvazione) del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture».

Tant’è che la revoca dell’aggiudicazione disposta in danno della ricorrente è motivata non già in ragione del fatto che il decreto ministeriale di approvazione non contiene il riferimento alla norma UNI ISO 10772:2016 – riferimento presente nel decreto di approvazione del dispositivo proposto dalla controinteressata –, ma in ragione della «non conformità delle apparecchiature a noleggio offerte alle specifiche tecniche poste a base di gara e in particolare alla prescrizione ex art. 2 c. 11 del Capitolato Speciale d’Appalto che richiede “Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)”».

Orbene, osserva il Collegio che, quantunque la formulazione della motivazione posta a sostegno della revoca dell’aggiudicazione possa risultare tecnicamente imprecisa, fornendo una interpretazione sostanziale della stessa, conforme peraltro a quanto indicato nel parere del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, si deduce ragionevolmente che l’opposta revoca è fondata sulla mancanza del decreto ministeriale di approvazione del sistema complesso formato dal dispositivo denominato «CELERITAS EVO 1506» e dal dispositivo di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM» e non sulla circostanza che il decreto ministeriale di approvazione non contenga il riferimento alla norma UNI ISO 10772:2016.

Non persuade la tesi sostenuta dalla ricorrente con riferimento all’asserita violazione del principio del risultato.

Osserva il Collegio che la procedura di gara si è svolta sotto la vigenza del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50, mentre il «principio del risultato» è stato espressamente normato solo dal successivo Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36 (art. 1).

Orbene, anche a voler ritenere applicabile al caso di specie l’invocato principio del risultato, sono prive di pregio le deduzioni di parte ricorrente volte ad assumerne la violazione.

L’art. 1 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36 rubricato «Principio del risultato» prevede, al comma 1, che «Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell'affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza».

Il principio del risultato, introdotto con il nuovo Codice dei contratti pubblici, detta un’enunciazione di principio invero già implicita nella logica del sistema delle procedure ad evidenza pubblica, vale a dire che il primo obiettivo assegnato dal legislatore alle stazioni appaltanti è quello dell’affidamento dei contratti di appalto e di concessione in modo tempestivo, efficiente ed economico, dovendo tali risultati pur sempre coniugarsi con i principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

Il principio del risultato, per come declinato dall’art. 1 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, consente di orientare l’operato delle Stazioni appaltanti attraverso due criteri di indirizzo: a) il “criterio temporale” della tempestività dell’affidamento ed esecuzione del contratto, che impone alle Stazioni appaltanti il superamento delle situazioni di inerzia o di impasse per difficoltà connesse, tra l’altro, alla difficoltà di interpretazione delle disposizioni unionali e nazionali, oltre che da quelle fornite in sede pretoria, guardando al risultato attraverso l’applicazione di una regola per il caso concreto, pur sempre nel dovuto rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza; b) il “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto, la cui applicazione deve guidare la Stazione appaltante nella scelta della soluzione che consenta di addivenire all’ottimizzazione del rapporto tra il profilo tecnico-qualitativo dell’offerta e quello economico del prezzo da corrispondere.

Viene in rilievo, nel caso di specie, la dedotta violazione del “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto previsto dal principio del risultato, per aver l’Amministrazione provveduto alla revoca dell’aggiudicazione disposta a favore dell’operatore economico che aveva «offerto la migliore proposta tecnico economica».

Il principio del risultato in generale, e il “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto contenuto in particolare, trovano quale limite esterno il rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

Se la Stazione appaltante si è autovincolata con l’indicazione nella lex specialis di specifici requisiti tecnici dell’offerta, non è invocabile il principio del risultato per giustificare la scelta di un’offerta economica che, quantunque vantaggiosa sotto il profilo del rapporto qualità-prezzo, non corrisponda a siffatti requisiti, posto che ciò contrasterebbe non solo con il principio di legalità, ma anche con quello pro-concorrenziale della par condicio competitorum.

Orbene, nel caso di specie, l’offerta tecnica della ricorrente, anche ove in tesi vantaggiosa sotto il profilo qualitativo dell’efficienza ed economicità, risulta non conforme alla lex specialis del Capitolato speciale d’appalto, di talchè ove la Stazione appaltante avesse ritenuto, in applicazione del principio del risultato, di mantenere l’aggiudicazione a favore della ServiceNet21 S.r.l. sarebbe incorsa in una inammissibile violazione del principio di legalità e di quello della par condicio competitorum.

In conclusione, nel caso di specie, la revoca dell’aggiudicazione non risulta in alcun modo porsi in contrasto con il principio del risultato, risultando la stessa la necessaria e doverosa applicazione di quanto espressamente previsto dalla lex specialis e, pertanto, coerentemente adottata in conformità al principio di legalità e al principio della par condicio competitorum.

Ed infatti, l’offerta della ricorrente, mancando dei requisiti essenziali, non poteva in alcun modo soddisfare l’interesse dalla Stazione appaltante, in ragione della non utilizzabilità dei dispositivi privi del necessario decreto di approvazione.

Per tutto quanto esposto, devono ritenersi infondati il secondo motivo del ricorso introduttivo e il secondo motivo dell’atto per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024.

III. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 21-quinquies, 21octies e 21 nonies, L. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 e ss., L. 241/1990. - Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 33, D. Lgs. 50/2016 - Violazione dei principi di trasparenza, imparzialità, lealtà e correttezza dell’azione amministrativa; di tutela del legittimo affidamento; del contraddittorio amministrativo. Eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria; difetto di istruttoria; manifesta illogicità ed irragionevolezza; difetto ed erroneità dei presupposti; travisamento; sviamento” [motivo sub 3) del ricorso introduttivo e sub 7) dell’atto per motivi aggiunti].

Con il terzo motivo del ricorso introduttivo e dell’atto per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024, la ricorrente lamenta il difetto di motivazione della revoca dell’aggiudicazione, alla luce di quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa in ordine alla necessità che sia dato atto della consistenza e dell’intensità dell’interesse pubblico che si intende perseguire con il ritiro dell'atto originario, con indicazione profonda e convincente delle ragioni sottese alla revoca.

Sostiene che, nel caso di specie, la Stazione appaltante si sarebbe limitata «a motivare la revoca sulla base della mera ragione per cui “le apparecchiature CELERITAS EVO 1506 indicate nell'offerta tecnica risultano prive della cd. classe A”» (v. pag. 20 del ricorso), con una evidente «obliterazione del principio di equivalenza». Difetto di motivazione ulteriormente aggravato dallo stato di avanzamento della procedura selettiva, già conclusa con l’aggiudicazione «in via definitiva» a proprio favore.

Deduce, inoltre, come la Stazione appaltante non abbia effettuato alcuna comparazione fra l’interesse pubblico alla revoca dell’assegnazione del servizio e l’interesse privato al suo mantenimento, non essendo stato valutato l’affidamento ingenerato nell’aggiudicataria.

Con un ulteriore profilo di censura la ricorrente deduce, altresì, la violazione dell’art. 21 quinquies della Legge 7 agosto 1990 n. 241, non ricorrendo nel caso di specie i presupposti per poter adottare il provvedimento di revoca.

Lamenta, infine, la violazione dell’art. 7 della Legge 7 agosto 1990 n. 241, in quanto la revoca dell’aggiudicazione non sarebbe stata preceduta da alcuna comunicazione d’avvio del procedimento, con ciò frustrandosi le garanzie partecipative e il contraddittorio procedimentale.

I motivi sono infondati sotto ogni profilo di censura.

Non coglie nel segno la doglianza relativa al difetto di motivazione, atteso che il provvedimento di revoca è chiaramente motivato sulla circostanza che i dispositivi offerti dalla ricorrente sono risultati non conformi a quanto previsto dal Capitolato speciale.

Precisa il gravato provvedimento, dopo aver diffusamente descritto il contraddittorio instaurato con la ricorrente e teso, in ultima analisi, a richiedere l’utilizzo di dispositivi conformi alla disciplina della lex specialis, di revocare l’aggiudicazione «per non conformità delle apparecchiature a noleggio offerte alle specifiche tecniche poste a base di gara e in particolare alla prescrizione ex art. 2 c. 11 del Capitolato Speciale d’Appalto che richiede “Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)”», in ragione dunque della difformità tra quanto proposto dalla ricorrente e quanto richiesto dalla Stazione appaltante nel Capitolato speciale d’appalto. Difformità che, per quanto già ampiamente argomentato in precedenza, non consente di invocare il principio dell’equivalenza.

Né può ritenersi che l’Amministrazione procedente potesse essere tenuta ad una ponderazione tra l’interesse pubblico al ritiro dell’aggiudicazione e quello della società ricorrente alla prosecuzione dell’affidamento e alla stipula del contratto, in ragione della non corrispondenza tra i prodotti offerti dalla ricorrente e quanto previsto dalla lex specialis. Ed infatti, l’interesse pubblico sotteso alla procedura di che trattasi era già stato ampiamente cristallizzato nel Bando di gara e nel Capitolato speciale, con riferimento alle specifiche tecniche dei dispositivi per la rilevazione automatica della velocità dei veicoli. Ragion per cui la non corrispondenza tra quanto richiesto dalla lex specialis e quanto offerto dalla ricorrente legittima il provvedimento di autotutela, che si profila quale atto vincolato a fronte della non conformità delle specifiche tecniche dei dispositivi offerti dalla ricorrente.

In definitiva, chiarite le ineludibili ragioni ostative all’affidamento dell’appalto alla ricorrente, non si imponeva alla Stazione appaltante una specifica motivazione circa l’interesse pubblico al ritiro dell’aggiudicazione definitiva, stante il ridotto arco temporale intercorso e la mancata stipula del contratto.

Privo di pregio è il profilo della censura relativo alla violazione dell’art. 21 quinquies della Legge 7 agosto 1990 n. 241.

Viene in rilievo, nel caso di specie, non l’esercizio di un potere di revoca espressione di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (c.d. revoca per ius poenitendi), né la distinta ipotesi di revoca per sopravvenienze, quale provvedimento connotato dal vaglio di ragioni di opportunità che consentono all’Amministrazione di incidere con effetto caducatorio ex nunc su un precedente provvedimento.

Nel caso di specie la revoca dell’aggiudicazione esula dall’ambito di applicazione dell’art. 21 quinquies citato, trattandosi di provvedimento espressione di attività vincolata per l’Amministrazione procedente – da ricondursi al genus dell’annullamento d’ufficio –, proprio in ragione dell’autovincolo impostosi con la lex specialis e con il Capitolato speciale di appalto.

Detto altrimenti, con le previsioni di cui all’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato speciale, l’Amministrazione aveva stabilito anche le specifiche tecniche dei dispositivi di rilevamento automatico delle infrazioni, con la specifica previsione che «Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)».

Orbene, dopo l’aggiudicazione e prima della stipula del contratto, rilevata la mancanza di un decreto ministeriale di approvazione del sistema complesso formato dal dispositivo denominato «CELERITAS EVO 1506» e dal dispositivo di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM», la Stazione appaltante aveva il “potere-dovere” di disporre il ritiro dell’aggiudicazione; diversamente opinando, infatti, sarebbe incorsa nella palese ed illegittima violazione della lex specialis.

Quanto alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, in disparte quanto già osservato in tema di potere vincolato all’emanazione dell’atto di che trattasi (per il quale non risulta necessaria l’attivazione delle garanzie di cui all’art. 7 della Legge n. 241/1990, in ragione dell’inconsistenza dell’apporto partecipativo del privato), non risulta che nel caso di specie siano state frustrate le garanzie partecipative e negato il contraddittorio procedimentale.

Ed infatti, prima della revoca dell’aggiudicazione, in data 7 luglio 2023, la Stazione appaltante ha richiesto all’aggiudicataria di produrre copia della documentazione attestante il possesso dei requisiti richiesti per le apparecchiature ex art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato speciale.

Tale richiesta è stata riscontrata da ServiceNet21 S.r.l. con documentazione non risultata conforme alle prescrizioni del Capitolato speciale, motivo per il quale, con nota del 18 luglio 2023, la Stazione appaltante ha comunicato alla medesima che «Dalla documentazione prodotta, che specifica la prevista installazione del 'dispositivo per la lettura automatica delle targhe Vista EnVES08-4KM', si evince che non può così dirsi soddisfatta la clausola ex art. 2 c. 11 Capitolato, che richiede la fornitura in piena classe A con omologazione ministeriale di tutto il sistema, e non la sola certificazione UNI 10772:2016 del dispositivo per la lettura automatica delle targhe (vd. esempio per analogia omologazione MIMS reg. decr. 349 del 16/08/2021)», peraltro invitando l’operatore economico «ad assumere l'impegno all'installazione di diverse apparecchiature per le quali sia contestualmente documentata la conformità alle prescrizioni del capitolato».

In riscontro a tale comunicazione, con nota del 27 luglio 2023 l’operatore economico ha ribadito la conformità al Capitolato speciale di quanto offerto in gara invocando il principio dell’equivalenza, ma correttamente ritenuto dalla Stazione appaltante non pertinente al caso di specie, trattandosi di difformità sostanziale idonea ad incidere sul servizio oggetto della procedura di gara.

Orbene, dalla breve disamina dell’interlocuzione tra la Stazione appaltante e la ricorrente emerge chiaramente come non sia stata violata alcuna garanzia di partecipazione procedimentale, atteso che l’operatore economico è stato messo in condizione di conoscere gli elementi ritenuti ostativi dall’Amministrazione alla stipula del contratto.

Di talchè non può essere valorizzata la censura relativa alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento preordinato al ritiro dell’aggiudicazione definitiva.

IV. “Violazione dell’art. 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione del Disciplinare di gara e dell’Allegato n. 8 al Disciplinare - Violazione e falsa applicazione degli artt. 30, 94 e 95 del D. Lgs. n. 50 del 2016 – Violazione dei principi di trasparenza, di parità di trattamento e di concorrenza, di non discriminazione. Eccesso di potere per difetto di motivazione; per illogicità e contraddittorietà; ingiustizia manifesta; travisamento dei fatti” [motivo sub 4) del ricorso introduttivo e sub 8) dell’atto per motivi aggiunti].

Con l’ultima doglianza, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’aggiudicazione a favore della società Velocar s.r.l., ritenendo che il medesimo operatore economico avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura di gara.

La ricorrente prospetta che la controinteressata avrebbe superato, nella relazione tecnica, il numero di pagine ammesse e che illegittimamente la Commissione avrebbe espunto le “premesse” e il “progetto di assistenza” e non, come dovuto, le ultime pagine eccedenti, in siffatto modo privilegiando indebitamente la società Velocar S.r.l.

Lamenta, pertanto, la violazione del principio di par condicio e di non discriminazione fra i partecipanti alla gara, atteso che dall’operato della Stazione appaltante sarebbe conseguito un indebito vantaggio per la società Velocar S.r.l.

Deduce, infine, l’erroneità ed illogicità del giudizio della Commissione giudicatrice, con riferimento all’attribuzione a Velocar s.r.l. del punteggio per il criterio di valutazione sub 5) dell’offerta tecnica «Migliorie aggiuntive», segnalando che per tale criterio la proposta dell’operatore economico era stata valutata dalla Commissione come “gravemente insufficiente” e, ciononostante, le è stato attribuito il coefficiente di 0,3 con un punteggio di 4,5; prospetta che la grave insufficienza avrebbe dovuto determinare l’attribuzione di 0 punti o, comunque, di un punteggio inferiore.

I motivi sono infondati sotto tutti i profili di censura.

Per giurisprudenza ormai prevalente, il superamento dei limiti dimensionali dell'offerta tecnica, in qualsiasi modo si realizzi, non implica l'esclusione del concorrente e nemmeno la sua automatica penalizzazione in sede valutativa (cfr. T.A.R. Marche, sez. I, 18 gennaio 2022, n. 46), tanto più che nella fattispecie la violazione dei limiti dimensionali della documentazione di gara non è sanzionata in modo alcuno, limitandosi l’Allegato «criteri offerta economicamente più vantaggiosa» al Disciplinare di gara a prevedere che «Il mancato rispetto dei limiti redazionali massimi consentiti determinerà l’esclusione dalla valutazione dei contenuti eccedenti» (v. documento n. 23 deposito del 12 febbraio 2024).

La predetta regola, infatti, è posta a tutela delle esigenze di celerità e speditezza della procedura, onde agevolare la Stazione appaltante nell'esame della documentazione presentata dai candidati concorrenti, al punto che l'Amministrazione procedente, qualora avesse reputato intollerabile la violazione del limite dimensionale previsto, avrebbe dovuto invitare l'offerente interessato a sintetizzare il contenuto dell'offerta già presentata, senza alternarne la sostanza, al fine di consentirne una più agevole consultazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. VII, 31 agosto 2023, n. 8101).

Ed invece l’Amministrazione ha ritenuto di stralciare d’iniziativa le parti ritenute non rilevanti, quali le “premesse” e il “progetto di assistenza”, giungendo così all’esame dell’offerta tecnica presentata dalla controinteressata.

Né è possibile sostenere che tale modus procedendi abbia compromesso la regola della par condicio e avvantaggiato l’operatore economico Velocar S.r.l. in danno della ricorrente, tenuto conto dell’esito della procedura concorsuale che ha visto la ricorrente come aggiudicataria; aggiudicazione poi revocata per mancanza delle specifiche tecniche essenziali dei dispositivi oggetto dell’appalto.

Quanto all’ulteriore profilo della doglianza, volto a censurare l’errata attribuzione del punteggio alla controinteressata per il criterio di valutazione sub) 5 dell’offerta tecnica «Migliorie aggiuntive», lo stesso risulta inammissibile per carenza di interesse, atteso che anche laddove la Stazione appaltante avesse attribuito a Velocar s.r.l. il punteggio di “0” (come evocato dalla ricorrente) e non di “4,5”, ciò non avrebbe impedito l’aggiudicazione della gara a favore dell’operatore economico atteso che, trattandosi di gara con due concorrenti, la revoca dell’aggiudicazione a favore della ricorrente ha determinato per scorrimento di graduatoria l’aggiudicazione all’unica concorrente rimasta in gara.

Tale profilo di censura sarebbe stato sostenibile laddove, ad esito della gara, la ricorrente si fosse collocata in posizione subordinata rispetto a Velocar S.r.l., nel qual caso avrebbe avuto un interesse concreto a sindacare il punteggio attribuito alla controinteressata per il criterio di valutazione sub) 5 dell’offerta tecnica «Migliorie aggiuntive». Ma poiché l’aggiudicazione a favore della società Velocar S.r.l. è stata disposta proprio in ragione della revoca dell’aggiudicazione in danno della ricorrente, l’attribuzione di un punteggio inferiore al citato operatore economico non sarebbe stata idonea a determinare una diversa conclusione della procedura di gara.

Per quanto sopra esposto e rappresentato, il ricorso introduttivo e il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17 gennaio 2024 sono infondati e devono essere rigettati.

Sul ricorso per motivi aggiunti depositato in data 12 marzo 2024.

Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 12 marzo 2024, la ricorrente ha impugnato la comunicazione prot. 28697 del 20 ottobre 2023 (prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024) con cui il R.U.P. ha proposto al Responsabile del Servizio Unico Appalti dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana la revoca dell’aggiudicazione, la richiesta di parere presentata in data 9 agosto 2023 dal R.U.P. dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana alla Prefettura di Reggio Emilia in merito alla conformità della fornitura offerta dalla ServiceNet21 (prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024), la Relazione del R.U.P. del 9 febbraio 2024 avente ad oggetto “Relazione tecnica in merito a approvazione/omologazione e utilizzo dispositivi accertamento e rilevamento automatico infrazioni, limiti velocità (art. 142 del codice della strada” (prodotta in giudizio dall’Amministrazione resistente in data 9 febbraio 2024).

Come anticipato in premessa, il Collegio ritiene di poter prescindere dalle eccezioni di inammissibilità ed irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti del 12 marzo 2024, sollevate dall’Amministrazione resistente e della controinteressata Velocar S.r.l., attesa l’infondatezza nel merito del gravame.

I. “Violazione dell’art. 97, Cost.; Violazione e falsa applicazione della lex specialis e segnatamente dell’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto; Violazione e falsa applicazione degli artt. 45 e 142 D. Lgs. 285/1992; Violazione e falsa applicazione dell’art. 192 e dell’art. 345, D.P.R. 495/1992; Violazione dei principi del favor partecipationis; di tutela del legittimo affidamento e di buona fede; Violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare; Violazione del principio del risultato; Eccesso di potere per carenza di istruttoria; contraddittorietà manifesta; difetto ed erroneità della motivazione; difetto ed erroneità dei presupposti in fatto e in diritto; irragionevolezza e illogicità; perplessità dell’azione amministrativa. - Sviamento di potere.” [motivo sub 9) del ricorso per motivi aggiunti].

La ricorrente contesta la nota del 20 ottobre 2023 con cui il R.U.P. ha proposto al Responsabile del Servizio Unico Appalti dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana la revoca dell’aggiudicazione.

Con un primo ordine di censure, lamenta il difetto di istruttoria, dal momento che il R.U.P. avrebbe proposto la revoca dell’aggiudicazione senza attendere le risultanze del quesito formulato alla Prefettura, evidenziando nella citata nota «con la presente sono a riferire che ad oggi non risulta pervenuto a questo Comando alcun riscontro al quesito proposto».

Precisa che lo stesso R.U.P., nel formulare la richiesta di parere alla Prefettura, in ordine al quesito «Può dirsi omologato/autorizzato dal MIMS un sistema costituito dal dispositivo 'CELERITAS EVO 1506' equipaggiato con lettore 'VISTA ENVES08-4KM'?», aveva sottolineato la necessità di compiere approfondimenti sul sistema offerto dalla ricorrente, «dovendo il Comando scrivente assicurare la regolarità del sistema di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rilevamento automatico di infrazioni al Codice della Strada (art. 142 C.d.S.), da installare sul territorio dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana».

Ne inferisce il difetto di istruttoria che determinerebbe l’illegittimità della revoca dell’aggiudicazione e della nuova aggiudicazione alla controinteressata Velocar S.r.l.

Con un secondo ordine di censure, la ricorrente lamenta il difetto di motivazione, l’irragionevolezza e l’erroneità della proposta del R.U.P. di definire la procedura d’appalto con la revoca dell’aggiudicazione in quanto fondata sull’errato assunto che «la soluzione proposta dalla società ServiceNet21 s.r.l. di fornitura del sistema CELERITAS EVO 1560 con dispositivo di lettura targhe denominato Vista EnVES08-4KM, comprometta la validità dei decreti di approvazione rilasciati dal MIMS per detto sistema».

Precisa di aver proposto, in sede di offerta tecnica, un dispositivo di lettura targhe ulteriore, senza che ciò abbia comportato «alcuna alterazione o modifica del prototipo assentito dal Ministero».

Con un terzo ordine di censure, la ricorrente lamenta l’irragionevolezza della richiesta di revoca proposta dal R.U.P. nella parte in cui segnala di «non potersi procedere ad ulteriore proroga» ed evidenzia la necessità di «doversi garantire la continuità del servizio in essere», così richiedendo al Responsabile del Servizio Appalti «di valutare ogni possibile azione per garantire la continuità del servizio in essere, compresa l’eventuale revoca della determina di aggiudicazione n. 357 del 26/06/2023».

La ricorrente prospetta che l’asserita non prorogabilità del servizio sarebbe stata smentita dai successivi provvedimenti di proroga del servizio svolto da ServiceNet21 S.r.l., dapprima fino al 31 gennaio 2024 e, infine, fino al 30 aprile 2024.

Sarebbe altresì contraddittoria la motivazione nel segmento in cui ritiene di dover garantire la continuità del servizio proponendo in maniera incongruente la revoca dell’aggiudicazione del servizio a ServiceNet21 S.r.l., anziché disporne la consolidazione degli effetti.

Tali vizi della proposta di revoca del R.U.P. disvelerebbero un difetto di istruttoria da cui discenderebbe l’illegittimità del provvedimento di revoca.

Il motivo è infondato.

Quanto al primo profilo di censura, la circostanza che la proposta di revoca dell’aggiudicazione sia stata formulata senza attendere le risultanze del quesito formulato alla Prefettura non inficia la legittimità della gravata revoca.

Trattasi evidentemente di quesito formulato per avere la conferma della non corrispondenza dell’offerta tecnica della ricorrente a quanto richiesto dalla lex specialis, circostanza invero già accertata dal R.U.P. che nella proposta di revoca evidenzia la non conformità del sistema complessivo offerto da ServiceNet21 S.r.l. con quanto previsto dal decreto ministeriale di approvazione del dispositivo «CELERITAS EVO 1506».

Né il richiesto parere ha natura di atto obbligatorio per la Stazione appaltante, che invero ha autonomamente e correttamente accertato, ad esito dell’istruttoria, la non conformità al Capitolato speciale d’appalto del sistema proposto dall’aggiudicataria.

La ragionevolezza di tali conclusioni trovano, poi, conferma nel parere reso dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in data 12 ottobre 2023, in risposta al quesito sollevato dalla Prefettura di Reggio Emilia in data 2 ottobre 2023, dal quale risulta che «Il dispositivo 'CELERITAS EVO 1506' è stato approvato con D.D. n. 4671 del 28 luglio 2016 e successivamente l'approvazione è stata estesa con il D.D. n. 4018 del 21 giugno 2017 e con il D.D. n. 552 del 23 dicembre 2021; tale dispositivo è costituito da uno o più sensori laser per il rilevamento della velocità, un'unità di elaborazione e da uno o più sistemi di ripresa 'Vista EnVES06plus', 'Vista EnVES06' o 'Vista EnVES04R', ma non anche 'Vista EnVES08-4KM'».

Quanto al secondo profilo di doglianza, osserva il Collegio che la formulazione della proposta di revoca da parte del R.U.P., nella parte in cui precisa che «la soluzione proposta dalla società Service-Net21 s.r.l. di fornitura del sistema CELERITAS EVO 1560 con dispositivo di lettura targhe denominato Vista EnVES08-4KM, comprometta la validità dei decreti di approvazione rilasciati dal MIMS per detto sistema», risulta invero tecnicamente corretta in ragione di quanto già in precedenza evidenziato in ordine al fatto che l’approvazione del sistema di rilevamento delle infrazioni «CELERITAS EVO 1506» (con decreto dirigenziale n. 4671 del 28 luglio 2016) è stata estesa, con successivi decreti ministeriali, ai sistemi di ripresa «Vista EnVES06plus», «Vista EnVES06» o «Vista EnVES04R», ma non ha riguardato il sistema di ripresa «Vista EnVES08-4KM», di talchè il sistema complessivo «CELERITAS EVO 1506» e «Vista EnVES08-4KM» non risulta conforme ai decreti ministeriali di approvazione ed estensione dell’approvazione.

Non persuade neppure l’ultimo profilo della censura, con cui la ricorrente si duole dell’irragionevolezza della proposta del R.U.P. nella parte in cui segnala la non prorogabilità del servizio, di fatto poi prorogato, e nella parte in cui per garantire la continuità del servizio propone la revoca dell’aggiudicazione in danno di ServiceNet21 S.r.l.

Quanto al primo aspetto, osserva il Collegio che la decisione relativa alla prorogabilità o meno di un servizio rientra nella valutazione ampiamente discrezionale e insindacabile della Stazione Appaltante; né la considerazione espressa dal R.U.P. di «non potersi procedere ad ulteriore proroga in vista della scadenza del 30/11/2023» può ritenersi contraddetta dalla successiva scelta della Stazione appaltante di prorogare il servizio, nelle more della definizione del giudizio amministrativo instaurato da ServiceNet21 S.r.l., che evidentemente sottende esigenze di continuità dell’attività di rilevamento delle infrazioni al Codice della Strada.

In ogni caso, le valutazioni effettuate dal R.U.P. e dalla Stazione appaltante circa l’opportunità o meno di prorogare il servizio in essere non assumono alcuna efficacia causale sugli esiti dell’istruttoria che ha condotto alla revoca dell’aggiudicazione, non sussistendo alcun rapporto inferenziale tra le valutazioni (di mera convenienza ed opportunità) di prorogare il servizio di rilevamento delle infrazioni e le valutazioni di legittimità di un’aggiudicazione disposta in difetto dei requisiti essenziali dell’offerta tecnica.

Né può ritenersi irragionevole la proposta del R.U.P. di revoca dell’aggiudicazione preceduta dalla evidenziata necessità di garantire la continuità del servizio.

In detto passaggio motivazionale, il R.U.P. sottintende evidentemente quella che è la naturale e logica conseguenza della revoca dell’aggiudicazione, id est l’aggiudicazione del servizio alla controinteressata Velocar S.r.l., la cui offerta conforme alle previsioni del Capitolato speciale d’appalto avrebbe indubbiamente garantito il regolare avvio del servizio di che trattasi, all’esito della gara d’appalto a ciò preordinata.

II. “Violazione dell’art. 97, Cost.; Violazione e falsa applicazione della lex specialis e segnatamente dell’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto; Violazione e falsa applicazione degli artt. 45 e 142 D. Lgs. 285/1992; Violazione e falsa applicazione dell’art. 192 e dell’art. 345, D.P.R. 495/1992, sotto altro profilo; Violazione dei principi del favor partecipationis; di tutela del legittimo affidamento e di buona fede, sotto altro profilo; Violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare; Eccesso di potere per carenza di motivazione; difetto ed erroneità d’istruttoria; difetto ed erroneità dei presupposti; irragionevolezza e illogicità; contraddittorietà e perplessità dell’azione amministrativa; Sviamento di potere, sotto altro profilo” [motivo sub 10) dell’atto per motivi aggiunti].

Con il secondo motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato in data 12 marzo 2024, la ricorrente censura la richiesta di parere formulata dal R.U.P. alla Prefettura di Reggio Emilia, dalla quale discenderebbero ulteriori profili di illegittimità degli atti impugnati.

Proponendo una doglianza invero già articolata nel ricorso introduttivo e nell’atto per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024, la ricorrente evidenzia che la scelta di proporre alla Prefettura il quesito circa la conformità del sistema offerto da ServiceNet21 S.r.l. disvelerebbe la «scarsa cognizione del settore tecnologico in oggetto da parte del RUP», tenuto conto che l’organo competente è il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e non la Prefettura.

Con un ulteriore profilo di censura, la ricorrente contesta la contraddittorietà nella formulazione del quesito, nel quale si dà atto dell’avvenuta approvazione ministeriale con decreto n. 4671 del 28 luglio 2016 del sistema per il controllo della velocità media e puntuale denominato «CELERITAS EVO 1506», per poi richiedere se possa ritenersi omologato (rectius approvato) «un sistema costituito dal dispositivo 'CELERITAS EVO 1506' equipaggiato con lettore 'VISTA ENVES08-4KM'», senza considerare che l’approvazione ministeriale riguarda solo i dispositivi di rilevamento della velocità e non i sistemi di lettura delle targhe.

Ripropone, poi, la censura già articolata nel primo motivo con riferimento alla proposta di revoca, relativamente alla circostanza che il R.U.P. avrebbe erroneamente profilato l’eventualità che la soluzione proposta da ServiceNet21 S.r.l. «possa compromettere la validità dei decreti di approvazione rilasciati dal MIMS per detto sistema», evidenziando in primis l’impossibilità che un’offerta tecnica proposta in sede di gara sia in grado di compromettere la validità dei decreti ministeriali e ribadendo, inoltre, la conformità della soluzione offerta ai citati decreti.

Prospetta che nel citato quesito il R.U.P. sarebbe incorso nell’equivoco di ritenere che l’approvazione ministeriale debba riguardare anche il sistema di lettura delle targhe «Vista ENVES08-4KM»; e nell’ulteriore equivoco di richiedere alla Prefettura l’ulteriore parere se «un sistema siffatto può dirsi in “classe A” ai sensi della Norma UNI ISO 10772:2016», ritenendo la «classe A» riferibile al sistema complessivo, quando riguarderebbe il solo sistema di lettura delle targhe.

Precisa poi che il R.U.P. e la Stazione appaltante avrebbero omesso di considerare che «non vi è alcun divieto di utilizzare più dispositivi o apparecchiature insieme» e che «i dispositivi di rilevamento della velocità sono sottoposti ad approvazione ministeriale, mentre i sistemi di lettura targhe non sono soggetti a tale approvazione».

Il motivo è palesemente infondato.

Quanto al primo profilo di censura, come già in precedenza argomentato, in disparte la competenza della Prefettura in tema di sicurezza stradale e per quanto di specifica attinenza alle procedure di autorizzazione alla localizzazione sul territorio dei dispositivi di rilevamento da remoto delle infrazioni al Codice della Strada, giova precisare che nel caso di specie il R.U.P. è il Comandante del Corpo Unico di Polizia Locale dell’Unione dei Comuni Bassa Reggiana che ha, evidentemente, quale diretto interlocutore sul territorio la Prefettura quale Ufficio Territoriale del Governo. La Prefettura, poi, correttamente ha interessato il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in quanto organo di governo competente all’approvazione dei dispositivi in questione, ai sensi dell’art. 45 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

Quanto al secondo profilo di censura, che ripropone invero doglianze già articolate nel ricorso introduttivo e nell’atto per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024, il Collegio ribadisce che il decreto con cui il Ministero delle Infrastrutture e i Trasporti approva il dispositivo esplica la propria efficacia su ogni componente utilizzato, compreso il sistema di lettura targhe o di riconoscimento ottico dei caratteri delle targhe (c.d. O.C.R. “Optical Character Recognition”), precludendo, pertanto, l’utilizzabilità di componenti non espressamente individuati nella procedura di approvazione in assenza di specifiche modifiche del decreto.

Pertanto correttamente il R.U.P. ha formulato il quesito se possa ritenersi omologato (rectius approvato) «un sistema costituito dal dispositivo 'CELERITAS EVO 1506' equipaggiato con lettore 'VISTA ENVES08-4KM'», dovendo l’approvazione ministeriale e i successivi decreti di aggiornamento riguardare non solo i dispositivi di rilevamento delle infrazioni, ma tutte le ulteriori componenti tecniche associate, ivi compresi i sistemi di lettura delle targhe.

Quanto al terzo profilo di censura, il Collegio osserva, in via preliminare, che la formulazione utilizzata dal R.U.P., seppur semanticamente inappropriata, deve essere intesa nel senso che il sistema offerto dalla ricorrente «possa essere non conforme» ai decreti ministeriali di approvazione (in tal senso deve essere interpretato il predicato verbale e il complemento «possa compromettere la validità»).

Orbene, nel merito, come già in precedenza rilevato con riferimento alla proposta di revoca da parte del R.U.P., anche la richiesta di parere, nella parte in cui precisa che «la soluzione proposta dalla società SERVICENET21 s.r.l., di fornitura del sistema CELERITAS EVO 1506 con dispositivo di lettura targhe denominato Vista EnVES08-4KM, possa compromettere la validità dei decreti di approvazione rilasciati dal MIMS per detto sistema», risulta invero tecnicamente corretta in ragione del fatto che l’approvazione del sistema di rilevamento delle infrazioni «CELERITAS EVO 1506» (con decreto dirigenziale n. 4671 del 28 luglio 2016) è stata estesa, con successivi decreti ministeriali, ai sistemi di ripresa «Vista EnVES06plus», «Vista EnVES06» o «Vista EnVES04R», ma non ha riguardato il sistema di ripresa «Vista EnVES08-4KM», di talchè il sistema complessivo «CELERITAS EVO 1506» e «Vista EnVES08-4KM» non risulta conforme ai decreti ministeriali di approvazione ed estensione dell’approvazione.

Quanto agli ultimi due profili di censura, il Collegio ribadisce che il decreto con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti approva il dispositivo esplica la propria efficacia su ogni componente utilizzato, compreso il sistema di ripresa (di lettura targhe o di riconoscimento ottico delle targhe O.C.R.), precludendo, pertanto, l’utilizzabilità di componenti non espressamente individuate nella procedura di approvazione in assenza di specifiche modifiche del decreto.

Ebbene, nel caso di specie, la configurazione costituita dal dispositivo «CELERITAS EVO 1506» in combinazione con un gruppo di ripresa denominato «VISTA ENVES08-4KM» non è mai stata approvata ai sensi dell'art. 45 del Codice della Strada e dell'art. 192 del relativo Regolamento di Esecuzione e di Attuazione per il rilevamento automatico delle infrazioni ai limiti di velocità, ragion per cui l’utilizzabilità di un sistema di lettura delle targhe diverso da quelli specificamente approvati con decreto ministeriale per il dispositivo «CELERITAS EVO 1506» non risulta rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto.

Per quanto attiene al riferimento alla norma UNI ISO 10772 e alla «classe A» contenuto nella citata richiesta di parere, osserva il Collegio che la norma UNI ISO 10772 è la norma tecnica di riferimento per le apparecchiature che consentono la lettura da remoto delle targhe, che, se associate al dispositivo di rilevamento delle infrazioni, devono essere oggetto di specifico decreto di approvazione ministeriale; analoghe considerazioni riguardano la «classe A», evidentemente riferibile al solo sistema di lettura delle targhe che deve comunque essere oggetto di decreto di approvazione o estensione dell’approvazione unitamente al dispositivo di rilevamento della velocità cui è associato.

Di talchè correttamente il R.U.P. ha articolato due quesiti formulati in subordine, ovvero se «può dirsi omologato/autorizzato dal MIMS un sistema costituito dal dispositivo 'CELERITAS EVO 1506' equipaggiato con lettore 'VISTA ENVES08-4KM'» e se «nel caso la risposta al primo quesito fosse affermativa, un sistema siffatto può dirsi in 'classe A' ai sensi della Norma UNI ISO 10772:2016», cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha risposto precisando che «la configurazione costituita dal dispositivo 'CELERITAS EVO 1506' in combinazione con un gruppo di ripresa denominato 'VISTA ENVES08-4KM' non è stata approvata ai sensi dell'art. 45 del Codice della Strada e dell'art. 192 del relativo Regolamento di Esecuzione e di Attuazione per il rilevamento automatico delle infrazioni ai limiti di velocità. Conseguentemente, non trova possibile riscontro il quesito circa l'appartenenza di detto sistema alla classe A secondo la norma UNI 10772:2016».

III. “Violazione dell’art. 97, Cost.; Violazione e falsa applicazione della lex specialis e segnatamente dell’art. 2, lett. a), n. 11 del Capitolato Speciale d’appalto, sotto altro profilo; Violazione e falsa applicazione degli artt. 45 e 142 D. Lgs. 285/1992; Violazione e falsa applicazione dell’art. 192 e dell’art. 345, D.P.R. 495/1992, sotto altro profilo; Violazione dei principi del favor partecipationis; Violazione del divieto di motivazione postuma del provvedimento; Eccesso di potere per contraddittorietà manifesta; erroneità della motiva-zione; difetto ed erroneità d’istruttoria; difetto ed erroneità dei presupposti” [motivo sub 11) dell’atto per motivi aggiunti].

Con il terzo motivo del ricorso per motivi aggiunti del 12 marzo 2024, la ricorrente censura la relazione del R.U.P. del 9 febbraio 2024 che confermerebbe l’erroneità del percorso logico-motivazionale seguito dalla Stazione appaltante per addivenire alla revoca dell’aggiudicazione.

Prospetta che tale relazione costituisca una inammissibile integrazione postuma della motivazione, nella misura in cui pone a raffronto i decreti di approvazione dei dispositivi prodotti da ServiceNet21 S.r.l. con quelli presentati dalla controinteressata Velocar S.r.l.

Contesta la relazione nella parte in cui precisa che «la norma citata (UNI ISO 10772:2016, n.d.r) garantisce una migliore qualità dei sistemi per l’elaborazione delle immagini video atti al riconoscimento delle targhe, rendendoli più precisi e pertanto riducendo la possibilità di errore di lettura targhe, a vantaggio e tutela del cittadino, nei termini in cui si riducono le errate contestazioni che portano normalmente a disagi per l’utente ed a maggiori costi per l’ente accertatore (p. es. per rinotifica al reale trasgressore)», tralasciando di considerare che l’accertamento delle infrazioni ai limiti di velocità richiede pur sempre il preventivo controllo dell’operatore di Polizia locale; pertanto, assume ingiustificata la conclusione cui giunge il R.U.P. nell’affermare che la certificazione di conformità alla Norma UNI ISO 10772 2016 consentirebbe di ridurre «le errate contestazioni», sussistendo sempre la necessità del controllo dell’operatore di polizia.

Contesta, poi, la ritenuta enfatizzazione della rilevanza della certificazione UNI ISO 10772 2016, che non garantirebbe un perfetto riconoscimento delle targhe dei veicoli, attestandosi sulla soglia del 90% dei riconoscimenti corretti.

Lamenta che il R.U.P., nella citata relazione, avrebbe erroneamente affermato che «l’approvazione del dispositivo esplica la propria efficacia su ogni componente utilizzato (...) escludendone quindi l’utilizzo legittimo, qualora una qualsiasi parte del dispositivo citata nel decreto di approvazione, venisse sostituita da altra non esplicitamente contemplata (come nella proposta avanzata dalla ditta ServiceNet21)», mentre invece la soluzione offerta da ServiceNet21 non avrebbe sostituito o modificato alcuna parte del dispositivo, limitandosi ad aggiungere una ulteriore componente.

Soggiunge che la conformità al prototipo del sistema offerto sarebbe confermata dalle certificazioni rilasciate dalla società EngiNe s.r.l. ove si attesta che «gli apparati sono conformi al prototipo depositato presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti».

Ne inferisce l’illegittimità degli atti impugnati.

Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

Osserva il Collegio che la «Relazione Tecnica in merito a approvazione/omologazione e utilizzo dispositivi accertamento e rilevamento automatico infrazioni, limiti velocità (art.142 del codice della strada)» datata 9 febbraio 2024 non costituisce una integrazione postuma della motivazione, dovendosi ritenere il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione adeguatamente motivato.

Ed infatti il gravato provvedimento di revoca, dopo aver dato atto del fatto che «al fine di riscontrare la conformità del sistema complessivamente oggetto di noleggio alle prescrizioni del Capitolato Speciale d’Appalto, in data 07/07/2023 si è richiesto all’aggiudicatario di produrre copia della documentazione attestante il possesso dei requisiti richiesti per le apparecchiature ex art. art. 2 lett. a nr. 11) Capitolato, a tal proposito evidenziando che, dalla documentazione autonomamente reperiti in autonomia dalla scrivente presso il sito internet del Ministero Competente, le apparecchiature CELERITA EVO 1506 indicate nell'offerta tecnica risultano privi della cd. classe A»; che «l’aggiudicatario in data 14/07/2023 ha fornito documentazione che, a seguito di istruttoria condotta dallo scrivente in collaborazione con il RUP, non è risultata conforme alle prescrizioni del capitolato per le ragioni di cui al seguente estratto della nota inviata all’aggiudicatario in data 18/07/2023: “Dalla documentazione prodotta, che specifica la prevista installazione del 'dispositivo per la lettura automatica delle targhe Vista EnVES08-4KM', si evince che non può così dirsi soddisfatta la clausola ex art. 2 c. 11 Capitolato, che richiede la fornitura in piena classe A con omologazione ministeriale di tutto il sistema, e non la sola certificazione UNI 10772:2016 del dispositivo per la lettura automatica delle targhe (vd. esempio per analogia omologazione MIMS reg. decr. 349 del 16/08/2021)”»; che «nel comunicare la valutata non conformità del sistema si è proposto all’aggiudicatario di sostituirlo con altro conforme»; che «PRESO ATTO del riscontro dell’aggiudicatario acquisito agli atti il 27/07/2023, con il quale il medesimo ha sostenuto la conformità di quanto offerto in gara senza però allegare documentazione a comprova al fine di rispettare le prescrizioni del capitolato, argomentando invece con un generale principio di equivalenza delle certificazioni rispetto al sostanziale rispetto delle specifiche tecniche richieste dalla Stazione Appaltante; RITENUTO che tale equivalenza non possa applicarsi al caso specifico perché l’omologazione da parte del Ministero competente, classe A inclusa, comportano il rispetto di specifiche tecniche che si ritiene non siano state altrimenti comprovate dall’aggiudicatario», ha concluso per la revoca dell’«aggiudicazione disposta con determinazione 357/2023 in favore della ditta SERVICENET21 S.R.L - P.IVA 14334911006 per non conformità delle apparecchiature a noleggio offerte alle specifiche tecniche poste a base di gara e in particolare alla prescrizione ex art. 2 c. 11 del Capitolato Speciale d’Appalto che richiede “Il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)».

Orbene, chiarito che il provvedimento di revoca risulta adeguatamente motivato, la relazione del R.U.P. avversata dalla ricorrente non è apprezzabile quale integrazione postuma della motivazione, ma piuttosto quale documentazione prodotta agli atti del giudizio a sostegno della difesa articolata dall’Amministrazione resistente.

Trattandosi, pertanto, di atto postumo alla gravata revoca, detta relazione non è idonea a dispiegare alcun effetto di illegittimità derivata sui provvedimenti in questa sede impugnati, ragion per cui il motivo di ricorso è inammissibile.

Per ragioni di completezza espositiva, il Collegio osserva che il motivo è altresì infondato.

È inconferente, infatti, il riferimento alla norma UNI ISO 10772 2016, alla circostanza che in ogni caso l’accertamento delle infrazioni debba essere sottoposto al controllo dell’operatore di Polizia e al fatto che, in ogni caso, le certificazioni UNI non garantiscano un perfetto riconoscimento delle targhe dei veicoli.

Il provvedimento di revoca impugnato, infatti, è motivato in ragione della circostanza che il sistema offerto dalla ricorrente non risulta rispondente a quanto richiesto dal Capitolato speciale di appalto, in assenza del decreto di approvazione ministeriale non solo del sistema «CELERITAS EVO 1506» ma anche del dispositivo ad esso associato «Vista EnVES08-4KM».

Trattandosi, pertanto, di un sistema di lettura targhe per il quale non risulta essere stato adottato alcun decreto di estensione dell’approvazione del sistema «CELERITAS EVO 1506» è ininfluente la circostanza che il sistema «Vista EnVES08-4KM» sia conforme o meno alla Norma UNI ISO 10772 2016, attesa la preclusione a monte derivante dalla mancanza del decreto ministeriale di approvazione del sistema complessivo.

Pertanto, il fatto che nella relazione il R.U.P. fornisca specifiche delucidazioni sulla scelta della Stazione appaltante di richiedere nelle caratteristiche tecniche del dispositivo di rilevamento la certificazione di conformità alla Norma UNI ISO 10772 2016 è ininfluente ai fini della legittimità del supporto motivazionale della gravata revoca.

In ogni caso, la norma UNI ISO 10772 2016 definisce i requisiti minimi prestazionali e funzionali dei sistemi di identificazione automatica dei veicoli basati sull’acquisizione e il riconoscimento delle immagini della targa dei veicoli in transito, ragion per cui la conformità del sistema di lettura delle targhe a tale norma è garanzia della funzionalità ed attendibilità del sistema. Per tali ragioni ragionevolmente la lex specialis di gara ha espressamente richiesto che «il sistema dovrà essere certificato e conforme alla Norma UNI ISO 10772:2016 in piena classe A (con omologazione del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture)», dovendosi intendere la conformità alla citata norma UNI ISO 10772 2016 limitata al sistema di lettura delle targhe, ma l’approvazione ministeriale estesa a tutto il dispositivo.

Orbene, la circostanza che il rilevamento delle infrazioni da remoto debba comunque essere supervisionato ex post da un operatore di polizia non elide la valenza della conformità alla norma UNI ISO 10772 2016, evidentemente richiesta al fine di garantire la funzionalità e la precisione dei sistemi di lettura da remoto delle targhe e di marginalizzare i casi di errore.

È infondato l’ulteriore profilo della censura, con cui la ricorrente prospetta di non aver modificato o sostituito il sistema «CELERITAS EVO 1506», ma di essersi semplicemente limitata «ad aggiungere una componente in più». Come più volte ribadito, i decreti ministeriali di approvazione devono essere estesi a tutte le componenti aggiuntive del dispositivo di rilevamento da remoto delle infrazioni, non potendosi ritenere conforme al modello ministeriale un sistema che, per quanto oggetto di decreto di approvazione («CELERITAS EVO 1506»), utilizzi una componente aggiuntiva associata («Vista EnVES08-4KM») non oggetto di approvazione ministeriale.

Né possono assumere rilevanza le certificazioni rilasciate dalla società EngiNe s.r.l., prodotte agli atti del giudizio dalla ricorrente con deposito del 12 marzo 2024.

Ed infatti, con la certificazione Rif. CertUBR20240207-P00-R00 del 7 febbraio 2024, la società EngiNe s.r.l., produttrice dei sistemi di rilevamento della velocità media «CELERITAS EVO 1506» e titolare per gli stessi dei decreti di approvazione rilasciati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha certificato che «il sistema denominato CELERITAS EVO 1506 risulta approvato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con decreto numero 4018 del 21/06/2017», che «il sistema specificato in oggetto è composto dai seguenti apparati: Stazione di rilevamento iniziale con matricola AK0747H Stazione di rilevamento finale con matricola AK0746H», che «gli apparati sono conformi al prototipo depositato presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti», che «detti apparati risultano installati nel rispetto di tutte le geometrie, prescrizioni ed indicazioni previste nell’apposito manuale» e che «la modalità di sincronizzazione impostata è quella con “Server remoto”; sulla base delle risultanze del certificato di taratura numero LAT255 CT-VM-24-0005 emesso in data 07/02/2024 il massimo tempo ammissibile senza sincronizzazione è stato impostato a 12 ore; gli apparati sono conformi: ai requisiti essenziali specificati dalla Direttiva 2014/30/UE; alla Norma Tecnica Armonizzata EN 50293 Ed. 2013 risultando dunque conformi per la marcatura CE». Rileva, dunque, il Collegio che nulla risulta invero attestato circa la conformità ai decreti ministeriali del sistema complessivo costituito dal dispositivo «CELERITAS EVO 1506» e dal sistema di lettura delle targhe «Vista EnVES08-4KM».

Con la certificazione Rif. CertUBR20240207-P01-R00 del 7 febbraio 2024 la società EngiNe s.r.l. ha ulteriormente attestato che «il sistema denominato CELERITAS EVO 1506 risulta approvato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con decreto numero 4018 del 21/06/2017»; che «il sistema specificato in oggetto è composto dai seguenti apparati: Stazione di rilevamento iniziale con matricola AK0746H Stazione di rilevamento finale con matricola AK0747H»; che «gli apparati sono conformi al prototipo depositato presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti»; che «detti apparati risultano installati nel rispetto di tutte le geometrie, prescrizioni ed indicazioni previste nell’apposito manuale» e che «la modalità di sincronizzazione impostata è quella con “Server remoto”; sulla base delle risultanze del certificato di taratura numero LAT255 CT-VM-24-0006 emesso in data 07/02/2024 il massimo tempo ammissibile senza sincronizzazione è stato impostato a 12 ore; gli apparati sono conformi: ai requisiti essenziali specificati dalla Direttiva 2014/30/UE; alla Norma Tecnica Armonizzata EN 50293 Ed. 2013 risultando dunque conformi per la marcatura CE». Ancora una volta, quindi, senza alcun riferimento al sistema complessivo costituito dal dispositivo «CELERITAS EVO 1506» e dal sistema di lettura delle targhe «Vista EnVES08-4KM».

IV. “Violazione dell’art. 97, Cost.; Violazione e falsa applicazione della lex specialis e segnatamente dell’art. 2, lett. a), n. 8 del Capitolato Speciale d’appalto; Violazione del D.M. Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017, n. 282; Violazione e falsa applicazione dell’art. 68, D. Lgs. 50/2016; Violazione e falsa applicazione dell’art. 142, D. Lgs. 285/1992; Violazione del principio della par condicio; Eccesso di potere per contraddittorietà manifesta; carenza di motivazione; difetto ed erroneità d’istruttoria; difetto ed erroneità dei presupposti in fatto e in diritto; irragionevolezza e illogicità; contraddittorietà; ingiustizia manifesta” [motivo sub 12) dell’atto per motivi aggiunti].

Con l’ultimo motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato in data 12 marzo 2024, la ricorrente contesta l’offerta tecnica proposta dalla controinteressata Velocar S.r.l., lamentandone la mancata esclusione dalla procedura di gara.

Precisa che l’art. 2 del Capitolato Speciale d’appalto, alla lett. a), punto 8 stabilisce che «le apparecchiature dovranno necessariamente essere nuove e non derivanti da precedenti installazioni e corredate di taratura iniziale, in ottemperanza alle prescrizioni del DM 282/2017. Le tarature periodiche successive alla prima dovranno essere anch'esse, necessariamente, effettuate in ottemperanza alle prescrizioni del DM 282/2017».

Prospetta che la proposta tecnica della controinteressata Velocar S.r.l., al paragrafo 5.3, indica tra le migliorie offerte inerenti alle tempistiche, confrontate con le richieste minime di capitolato, il tempo massimo di fermo per la taratura periodica delle apparecchiature elettroniche di rilevamento della velocità con durata pari a «0 ore» rispetto al massimo di «24 ore» richieste dalla lex specialis di gara.

Soggiunge che le ragioni che consentono a Velocar S.r.l. di proporre tali «inverosimili» tempistiche sarebbero rinvenibili nel paragrafo 7.7 dell’offerta tecnica, ove si specifica che «le operazioni di taratura saranno eseguite prima della scadenza della precedente taratura, è quindi garantita la continuità del servizio per la stazione appaltante» e che «la taratura e misura della tratta sarà eseguita da un laboratorio accreditato sfruttando anche il traffico veicolare stradale».

Ne inferisce la violazione del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 13 giugno 2017, n. 282 per due ordini di ragioni: in primis perché tale decreto prevede che le rilevazioni effettuate durante la taratura non possono in ogni caso essere utilizzate per l’accertamento delle infrazioni, ragion per cui il riferimento a «0 ore» non sarebbe corretto, perché non è possibile contemporaneamente garantire il servizio ed effettuare la taratura; in secondo luogo perché il citato decreto prevede che le tarature debbano avvenire per velocità fino a 230 km/h, circostanza questa non verificabile limitandosi a sfruttare il traffico veicolare.

Conclude, quindi, per l’illegittimità dell’aggiudicazione del servizio disposta in favore della controinteressata.

Il motivo è infondato.

L’allegato al decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282, al capo 3 «Taratura dei dispositivi operanti in modalità istantanea (puntuale o su piccola base)», articolo 3.1 prevede che «Per i dispositivi che rilevano la velocità istantanea le verifiche di taratura devono essere eseguite su un campione di rilevamenti di velocità uniformemente distribuiti da 30 km/ora a 230 km/ora (oppure nel campo di misura o di utilizzo del dispositivo in verifica), utilizzando sistemi di misura di riferimento in grado di tarare con incertezza estesa (con probabilità di copertura al 95%) non superiore allo 0,5% per velocità superiori a 100 km/h, e a 0,5 km/h per velocità fino a 100 km/h I sistemi di misura di riferimento devono garantire la riferibilità metrologica al Sistema SI delle unità di misura».

L’art. 3.2 prevede che «Le verifiche di taratura in fase di approvazione del prototipo e quelle iniziali devono essere effettuate su pista o su strada non aperta al pubblico passaggio; le velocità del veicolo in transito (oggetto di misura da parte del prototipo) devono essere distribuite uniformemente fra i 30 km/h e i 230 km/ora, con incrementi tra un valore e l'altro preferibilmente non superiori a 20 km/h; il numero totale dei rilevamenti deve essere compreso fra un minimo di 100 ed un massimo di 200. Per le verifiche di taratura periodiche successive a quella iniziale, il numero totale dei rilevamenti può essere compreso tra un minimo di 50 ed un massimo di 100 (…)»; mentre l’art. 3.3 dispone che «Le verifiche di taratura periodiche successive a quella iniziale: - devono essere effettuate nel luogo di installazione nel caso di dispositivi inamovibili; - possono essere effettuate nel luogo di installazione nel caso di installazioni fisse. Le velocità dei veicoli in transito devono essere distribuite pressoché uniformemente tra quelle permesse nella tratta lungo la quale è installato il dispositivo: il numero totale dei rilevamenti deve essere compreso fra un minimo di 100 ed un massimo di 200.».

Il capo 5 dell’allegato al decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282 disciplina, invece, le verifiche di «funzionalità dei dispositivi e dei sistemi» prevedendo, all’art. 5.3, che «Le verifiche di funzionalità, sia in sede di approvazione del prototipo, che per le verifiche iniziali e periodiche, potranno essere eseguite nelle condizioni di normale impiego, su strada aperta al pubblico passaggio; dovrà essere garantito il transito casuale di veicoli sufficientemente differenziati sia per la categoria che per la velocità; è ammesso che le condizioni sopra descritte si realizzino in tempi successivi o in strade diverse secondo i casi; le prove potranno essere eseguite anche senza l'ausilio di uno strumento campione. È in ogni caso esclusa la possibilità di utilizzare le risultanze delle verifiche di funzionalità per l'applicazione delle sanzioni per violazione di norme di comportamento».

A seguito della declaratoria di parziale illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, del Decreto Legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (Corte costituzionale 18 giugno 2015 n. 113), tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere sottoposte a verifiche periodiche di «funzionalità» e di «taratura» (cfr. Cassazione civile sez. VI, 17 gennaio 2022, n. 1283).

Le verifiche di «funzionalità» e di «taratura» sul prototipo devono essere eseguite al fine di determinare l'idoneità del dispositivo o del sistema a svolgere il servizio richiesto, prima della sua approvazione (art. 2.2 dell’Allegato al Decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282).

Le verifiche iniziali e periodiche di «funzionalità» e di «taratura» sui dispositivi in uso devono essere eseguite per accertare che le relative prestazioni corrispondano a quelle del prototipo approvato (art. 2.2 dell’Allegato al Decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282).

Osserva il Collegio che le verifiche di «taratura» devono essere distinte da quelle di «funzionalità» tanto in relazione all’oggetto e alla finalità della verifica, quanto al soggetto deputato allo svolgimento di detta attività.

Quanto al primo aspetto, la «taratura» dell’apparecchio ha la precisa funzione di stabilire che lo stesso non abbia subito un invecchiamento delle proprie componenti, dovuto a possibili urti, vibrazioni, shock meccanici e termici oppure a variazioni della tensione di alimentazione. Secondo le indicazioni della Corte costituzionale (Corte costituzionale 18 giugno 2015 n. 113), la taratura dell'autovelox deve avvenire almeno una volta all'anno e va documentata con apposito certificato rilasciato dalla ditta privata autorizzata a fare tale check-up (cfr. Cassazione civile, sez. II, 03 ottobre 2022, n. 28587).

Inoltre, dall'attestazione di taratura periodica deve essere distinta la certificazione di omologazione (recte di prima omologazione) e conformità, che si riferiscono, appunto, alla fase precedente all'avvio dell'utilizzazione (o alla messa in opera) dell'impianto, attestando rispettivamente la convalida della sua funzionalità e l'uniformazione ad un modello, e non già alla verifica nel corso degli anni del suo uso, ai fini di ritenerlo affidabile e attendibile (cfr. Cassazione civile, sez. II, 03 ottobre 2022, n. 28587).

Osserva la giurisprudenza civile che le operazioni di taratura o revisione o calibratura collaudo non coincidono con le operazioni successive di controllo della «funzionalità» in concreto: tale doppio rilievo delle operazioni da effettuare si fonda sulla discriminazione tra verifica sul dispositivo - taratura e sperimentazione pratica del dispositivo verificato - controllo della funzionalità (cfr. Cassazione Civile, sez. II, 03 ottobre 2022, n. 28587).

Questa ricostruzione è avallata dalla circolare n. 300/A/6045/17/144/520/3, emanata il 7 agosto 2017 dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno, secondo cui, diversamente dalle verifiche di «taratura», le verifiche di «funzionalità», sia iniziali che periodiche, sono finalizzate a valutare la capacità dell'autovelox di fornire indicazioni attendibili e devono essere effettuate dall’organo di polizia stradale utilizzatore, successivamente alla verifica di taratura (cfr. Cassazione civile, sez. II, 03 ottobre 2022, n. 28587).

Orbene quanto al profilo della competenza ad effettuare siffatte operazioni, le verifiche di iniziali e periodiche di «taratura» devono essere eseguite da soggetti che operano in conformità ai requisiti della norma UNI CEI EN ISOIEC 17025:2005 (come laboratori di taratura, accreditati da ACCREDIA o da altri organismi di Accreditamento firmatari a livello internazionale degli accordi di mutuo riconoscimento) o anche dal produttore o dall’utilizzatore purché accreditato, con emissione all’esito della verifica di un certificato di taratura (art. 2.2 e art. 2.3 dell’allegato al decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282).

Mentre le verifiche di «funzionalità» in fase di approvazione del prototipo sono eseguite secondo le indicazioni del competente ufficio del Ministero delle Infrastrutture; e le verifiche iniziali e periodiche di «funzionalità» sono eseguite e verbalizzate dall’organo di polizia stradale utilizzatore, successivamente alla verifica iniziale e periodica di taratura, nel corso della prima utilizzazione del dispositivo o del sistema dopo la taratura dello stesso (art. 2.2 e art. 2.3 dell’allegato al decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282).

Nel caso di specie viene in rilievo non già una verifica di «funzionalità», ma una verifica di «taratura» oggetto di offerta tecnica da parte di Velocar S.r.l. con durata pari a «0 ore» rispetto al massimo di «24 ore» richieste dalla lex specialis di gara e con la previsione di operazioni di taratura periodiche eseguite in loco prima della scadenza della precedente taratura.

Orbene, la previsione della taratura periodica eseguita in loco è conforme all’allegato al decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282 che, se all’art. 3.2 prevede che le verifiche iniziali di taratura devono essere effettuate «su pista o su strada non aperta al pubblico passaggio», all’art. 3.3 dispone che «Le verifiche di taratura periodiche successive a quella iniziale: - devono essere effettuate nel luogo di installazione nel caso di dispositivi inamovibili; - possono essere effettuate nel luogo di installazione nel caso di installazioni fisse».

Né il fatto che la taratura sia effettuata a traffico veicolare aperto elide la continuità del servizio di rilevamento delle infrazioni, posto che immediatamente dopo la taratura il dispositivo riprende la propria operatività.

La circostanza che la taratura sia effettuata prima della scadenza del precedente certificato di taratura è logicamente connessa alla necessità che sia garantito il servizio senza soluzione di continuità, posto che diversamente il dispositivo con certificato di taratura scaduto non potrebbe essere utilizzato.

Quanto alla circostanza che gli esiti delle operazioni di taratura e di funzionalità non possano essere utilizzati per l’applicazione di sanzioni del Codice della Strada, l’art. 5.3 ne preclude la possibilità solo con riferimento alle verifiche di «funzionalità», atteso che le stesse sono effettuate direttamente dagli organi di polizia stradale utilizzatori del dispositivo. Analoga previsione non è dettata per le verifiche di «taratura» per l’evidente ragione che tali operazioni sono svolte da soggetti cui non compete l’espletamento dei servizi di polizia stradale a mente dell’art. 12 del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ragion per cui si sarebbe trattato di una precisazione normativa superflua, fermo restando che tanto le verifiche di «funzionalità» quanto le verifiche di «taratura», in quanto prove volte a testare la conformità dei dispositivi al prototipo, non possono essere utilizzate ai fini sanzionatori.

Quanto al fatto che la controinteressata indichi la durata pari a «0 ore» della verifica di «taratura», la stessa non risulta irragionevole, in considerazione del fatto che detta verifica viene effettuata in loco con strada aperta al traffico veicolare, con conseguente riduzione delle tempistiche rispetto ad eventuali verifiche eseguite con simulazioni su piste o strade non aperte al traffico veicolare, che evidentemente comporterebbero una seppur temporanea non utilizzabilità in loco del dispositivo.

Non è valorizzabile l’ulteriore profilo di censura con cui la ricorrente deduce la non conformità al decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 13 giugno 2017 n. 282 dell’offerta tecnica della controinteressata in ragione del fatto che la verifica di taratura su strada aperta al traffico non consentirebbe di rilevare transiti a 230 km/h.

Ed infatti, l’allegato al citato decreto prevede all’art. 3.1 che «per i dispositivi che rilevano la velocità istantanea le verifiche di taratura devono essere eseguite su un campione di rilevamenti di velocità uniformemente distribuiti da 30 km/ora a 230 km/ora», per poi richiedere, all’art. 3.2, le velocità del veicolo in transito tra i 30 km/h e i 230 km/h solo per le verifiche di taratura in fase di approvazione del prototipo e per le verifiche di taratura iniziali (per le quali pertanto impone l’effettuazione su pista o su strada non aperta al pubblico passaggio). Mentre per le verifiche di taratura periodiche successive a quella iniziale, l’art. 3.3, disponendo che debbano essere effettuate nel luogo di installazione nel caso di dispositivi inamovibili e che possano essere effettuate nel luogo di installazione nel caso di installazioni fisse, stabilisce che «le velocità dei veicoli in transito devono essere distribuite pressoché uniformemente tra quelle permesse nella tratta lungo la quale è installato il dispositivo (…)».

Per quanto esposto e argomentato, il ricorso introduttivo e gli atti per motivi aggiunti del 17 gennaio 2024 e del 12 marzo 2024 sono infondati e devono essere rigettati.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione staccata di Parma (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo, sul ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17 gennaio 2024 e sul ricorso per motivi aggiunti depositato in data 12 marzo 2024, come in epigrafe proposti, li rigetta.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori di legge, da corrispondere all’Unione dei Comuni Bassa Reggiana e in € 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori di legge, da corrispondere alla controinteressata Velocar s.r.l.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente

Caterina Luperto, Referendario, Estensore

Paola Pozzani, Referendario



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Caterina Luperto Italo Caso





IL SEGRETARIO







Notizia 06/05/2024

DIFFERENZA TRA LA NUOVA FORMA DI RISTRUTTURAZIONE (DEMO RICOSTRUTTIVA) E LA NUOVA COSTRUZIONE


Il CONSIGLIO DI STATO (sez. VI sentenza 2 maggio 2024 n. 4005) definisce la nuova forma di demo ricostruzione, che può prevedere anche incrementi di volumetria, soltanto nei casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali. Spesso cio’ avviene per promuovere interventi di rigenerazione urbana.
Tale ristrutturazione necessita del permesso di costruire. Non trattandosi di opere di mero recupero, tanto è vero che l’art. 10 comma 1, TUE, annovera gli interventi di ristrutturazione edilizia tra quelli di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.

Pubblicato il 02/05/2024
N. 04005/2024REG.PROV.COLL.
N. 08472/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8472 del 2023, proposto da Ferrari Franco in proprio e nella sua qualità di procuratore generale di Ferrari Pier Domenico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Daniele Granara, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Monte Zebio n. 9/11;
contro
Comune della Spezia, in persona Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Carrabba, Ettore Furia, Marcello Puliga, Giovanni Corbyons, Fabrizio Dellepiane, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 00778/2023.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune della Spezia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2024 il Cons. Luigi Furno e uditi per le parti gli avvocati come da verbale.


FATTO
Con il ricorso di primo grado il signor Franco Ferrari, in proprio e nella sua qualità di procuratore generale del signor Pier Domenico Ferrari, impugnava il provvedimento 12.10.2022, con cui il Comune della Spezia aveva disposto il rigetto dell’istanza di permesso di costruire di cui al prot. 52552 del 2/5/2022, relativa ad un intervento di ristrutturazione urbanistica RU3 in attuazione alla Ricomposizione Urbana RC1 in Località Fossamastra.
Nel ricorso di promo grado esponeva:
- che i ricorrenti sono comproprietari degli immobili siti in La Spezia, Loc. Fossamastra, via Levanto, catastalmente individuati al Fg. 49, mapp. 95;
- che i predetti immobili risultano degradati, non soltanto in via di fatto, ma anche sul piano giuridico per un’espressa previsione pianificatoria, ricadendo in area di ricomposizione urbana, disciplinata all’art. 15 delle N.C.C. del P.U.C. di La Spezia;
- che, con istanza prot. n. 52552 in data 2 maggio 2022, il signor Pier Domenico Ferrari domandava all’Amministrazione comunale il rilascio di un permesso di costruire per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia sui medesimi immobili, con riqualificazione dell’intera area;
- che, per la realizzazione dell’intervento proposto, dell’importo superiore a 5 milioni di euro, essi avrebbero fatto ricorso ad incentivi statali e ad agevolazioni fiscali che prevedono la vendita degli immobili finiti entro il 31.12.2024;
- che l’Amministrazione Comunale, con nota prot. n. 88715 del 25 luglio 2022, comunicava i motivi ostativi all’accoglimento della medesima, ai sensi dell’art. 10-bis della L. n. 241/1990;
- che i ricorrenti presentavano osservazioni, ma che, ciononostante, l’Amministrazione comunicava il definitivo rigetto dell’istanza, con la motivazione che “la proposta di intervento interessa un’Area di ricomposizione urbana del PUC vigente, disciplinata all’art. 15 delle Norme di Conformità e Congruenza, in cui sono ammessi esclusivamente interventi di ristrutturazione urbanistica ‘ru3’ o di nuova costruzione ‘nc2’ come definiti all’art. 6 delle medesime norme, che tale intervento è da assoggettarsi, in base alla norma di PUC, a permesso di costruire convenzionato esteso alla relativa Unità Minima di Intervento, e che nelle more della predisposizione del permesso di costruire convenzionato sono ammessi solo interventi di “manutenzione qualitativa” dell’esistente, riconducibili alle fattispecie previste all’art. 6 fino al ‘Risanamento conservativo di tipo B’, e che pertanto gli interventi di ristrutturazione edilizia non sono compatibili con la pertinente normativa di PUC”.
A sostegno del gravame venivano dedotti sei motivi di ricorso, così rubricati.
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità.
2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità. Ulteriore profilo.
3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità.
4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità. Contraddittorietà intrinseca.
5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità.
6. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia, in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 9, 10 e 10-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto assoluto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità. Omessa considerazione delle osservazioni.
Il T.a.r Liguria, con la decisione 14 agosto 2023, n. 778, ha respinto il ricorso.
Il signor Ferrari ha proposto appello per i motivi riportati nella parte in diritto.
Si è costituito in giudizio il Comune della Spezia, chiedendo il rigetto dell’appello.
La causa è stata decisa all’esito dell’udienza del 22 febbraio 2024.
DIRITTO
Con un primo mezzo di gravame la parte appellante deduce “Erroneità della sentenza per omessa individuazione dell’eccesso di potere per violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle NCC al PUC di La Spezia”.
In particolare, la parte appellante assume l’erroneità della sentenza di primo grado perché non avrebbe adeguatamente valorizzato il chiaro disposto dell’art. 3, primo comma, lett. d) del DPR n. 380/2001, secondo cui “nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull’accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico. L'intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana”.
Tale disposizione, nella prospettiva della riduzione del consumo di suolo, introdurrebbe una nuova tipologia di intervento nella definizione di ristrutturazione edilizia: la demolizione e ricostruzione con incrementi volumetrici.
Muovendo da tale premessa, la parte appellante assume che il Giudice di prime cure erroneamente avrebbe ritenuto che qualunque incremento di volume rispetto alla situazione preesistente sia da ricondurre alla fattispecie di cui all’art 3 lett. e1), con l’eccezione del caso in cui un incremento fosse espressamente previsto dagli strumenti urbanistici per il nomen iuris di ristrutturazione edilizia.
In tal modo, il giudice di primo grado avrebbe erroneamente sovrapposto la fattispecie degli “incrementi volumetrici” in ambito di demolizione e ricostruzione della lett. d) del citato art. 3 e la diversa fattispecie di “ampliamento” dei manufatti esistenti contenuta nella lett. e1) del medesimo articolo, relativa alla definizione di nuova costruzione.
Tra le due fattispecie, argomenta l’appellante, non ci sarebbe alcun rapporto di genere e specie, né di regola ed eccezione, in quanto si riferirebbero alla qualificazione di due tipi di intervento edilizio materialmente differenti.
Una cosa sarebbe, argomenta l’appellante, demolire ricostruendo l’edificio con volume incrementato (lettera d) al fine di realizzare un manufatto strutturalmente e energeticamente “moderno”, tutt’altra cosa sarebbe aggiungere ad un manufatto esistente un “ampliamento”.
Ciò in quanto il legislatore avrebbe voluto distinguere gli interventi di demolizione e ricostruzione con incremento volumetrico sub lett. d (certamente più adatti a realizzare i ricercati effetti virtuosi di miglioramento in toto del patrimonio immobiliare preesistente, in termini di complessiva sicurezza e sostenibilità) da quelli diversi, e meno apprezzabili, in cui ci si limita ad ampliare un vecchio edificio esistente con altro volume, limitandosi a consumare ulteriore suolo.
Diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata, inoltre, in nessuna parte dell’art. 15 delle N.C.C. al P.U.C. è previsto che l’indice di utilizzazione fondiaria pari a 0,75 mc/mq è attribuito esclusivamente per gli interventi di nuova costruzione e/o di ristrutturazione urbanistica.
Il motivo non è fondato.
In via generale ricorda il Collegio che, secondo una definizione largamente condivisa anche in dottrina, gli interventi di ristrutturazione edilizia sono rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti
Questa definizione è stata originariamente recepita dall’art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380/2001.
Tale disposizione è stato nondimeno oggetto, nel corso degli anni, di progressivi interventi legislativi, che ne hanno significativamente ampliato la portata e la conseguente sfera applicativa.
Accanto alla originaria matrice comunque conservativa (la ristrutturazione come insieme sistematico di opere sull'esistente volta alla formazione di un corpo edilizio strutturalmente e funzionalmente innovativo) nel tempo sono stati, infatti, ricondotti al perimetro della ristrutturazione anche il ripristino di edifici demoliti o crollati e la demolizione-ricostruzione.
In particolare, con l’entrata in vigore del d.P.R. 380/2001, la versione originaria dell’art. 3, comma 1, lett. d) riconduceva nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia “anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volume, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quella preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”.
Successivamente, il d.lgs. n. 301/2001 modificava il citato art. 3 comma 1, lett. d), riconducendo nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione dell’immobile con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica.
Con l’entrata in vigore dell’art. 30, comma 1, lett. c), della legge n. 98/2013, il legislatore modificava ulteriormente la nozione di interventi di ristrutturazione edilizia definita dall’art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, per ricomprendere in tale ambito anche gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria del manufatto preesistente, senza la necessità di mantenere identica la sagoma.
Con l'art. 10 d.l. 16 luglio 2020 n. 76, convertito con modificazioni dalla l. 11 settembre 2020 n. 120, la disposizione di che trattasi è stata ulteriormente novellata, prevedendosi la sostituzione del terzo e del quarto periodo della lettera d) nei seguenti termini: “nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico. L'intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, nonché a quelli ubicati nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria. L’intervento può inoltre prevedere, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria purché sia possibile accertare la preesistente consistenza”.
Le coordinate normative delineate trovano, del resto, corrispondenza, sul piano sistematico, nella analoga evoluzione normativa che ha interessato l’art. 10, d.P.R. n. 380/2001, il quale, in relazione all’ambito di applicazione del permesso di costruire, originariamente disponeva, al comma 1,“Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: … t. c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”.
Con la novella recata dall’art. 10 del d.l. n 76/2020, è stata, infatti, modificata la lettera C) dell’art. 10 TUE nei seguenti termini: “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici”.
All’esito della riportata evoluzione normativa, in caso di 'modifiche complessive della volumetria degli edifici' si ricade nel regime degli interventi subordinati a permesso di costruire.
L’art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede, infatti, che il permesso di costruire è necessario per gli “interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio”, espressamente indicando, tra questi, (comma 1) gli interventi di nuova costruzione (lett. a), gli interventi di ristrutturazione urbanistica (lett. b) e gli interventi di ristrutturazione edilizia (lett. c), con modifiche di sagoma, prospetti o volumetria, a seconda dei casi.
Il comma 2 prevede, infine, che le Regioni possono stabilire con legge “quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività”.
In conclusione, alla luce del quadro regolatorio suesposto, contrariamente a quanto assume la parte appellante, l’intervento di demolizione e ricostruzione può prevedere anche incrementi di volumetria, ma soltanto nei casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana ed è, comunque, soggetto al regime normativo del permesso di costruire.
E in effetti, anche quando l’incremento di volumetria preesistente è espressamente consentito nei termini appena indicati (ovvero quando sia espressamente previsto dal PRG o dalla legislazione), come la migliore dottrina non ha mancato di osservare, si versa in una fattispecie che esorbita dalle opere di mero recupero, tanto è vero che l’art. 10 comma 1, TUE, come visto, annovera gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino a un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici, tra quelli di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, prevedendosi l’assoggettamento di tale fattispecie al regime del permesso di costruire e non a quello della segnalazione certificata di inizio attività.
In sostanza, il legislatore statale collega la necessità del permesso di costruire a fenomeni di “trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio” e, in primo luogo, qualifica come tali la nuova costruzione, la ristrutturazione urbanistica e la ristrutturazione edilizia; in secondo luogo, demanda alle Regioni di individuare quali interventi (diversi da quelli precedentemente indicati) comportanti trasformazione urbanistica (ma non necessariamente edilizia), richiedano il permesso di costruire in ragione della loro natura ed incidenza, in particolare, sul carico urbanistico.
In ambedue le ipotesi innanzi considerate, appare evidente come il permesso di costruire si colleghi sempre ad interventi che incidono sul territorio, trasformandolo sul piano urbanistico - edilizio, o anche su uno solo dei due (Cons. Stato, sez. IV, 30 maggio 2017, n. 2567).
La ratio di tale complessiva disciplina risiede, all’evidenza, nella necessità che tali interventi particolarmente impattanti sul piano urbanistico - edilizio (cosiddetta ristrutturazione 'pesante') possano essere realizzati prescindendo da un armonico disegno pianificatorio, mediante una semplice segnalazione certificata da parte del privato.
Applicando tali coordinate al caso in esame, rileva il Collegio che non è controverso in atti e tra le parti che l’operazione di ristrutturazione di che trattasi implica un incremento di volume.
L'intervento edilizio in esame consiste, infatti, nella completa demolizione di tutti i manufatti oggi presenti nell’area in questione e la costruzione, in luogo di questi ed utilizzando l’indice edificatorio previsto dalla pertinente scheda del PUC vigente (Elaborato P7), di tre nuovi edifici residenziali a più piani.
Tale incremento di volumetria, sulla scorta di quanto in precedenza evidenziato, è nondimeno ammissibile solo in presenza di una espressa previsione legislativa ovvero di dello strumento urbanistico comunale.
Ma così non è nella fattispecie in esame, perché la legislazione ligure fa rientrare tra gli interventi di ristrutturazione edilizia quelli comportanti ampliamenti “diversi da quelli di nuova costruzione di cui all'articolo 15 e, quindi, entro soglie percentuali predeterminate dalla disciplina urbanistica senza applicazione dell'indice edificatorio la cui entità, espressa in superficie agibile (S.A.) o volume come definito dallo strumento urbanistico, non può eccedere il 20 per cento del volume geometrico di cui all'articolo 70” (art. 10 comma 2 lett. f, abrogato dall'art. 7, comma 1, L.R. 28 giugno 2017, n. 15, a decorrere dal 30 giugno 2017).
Ne deriva che, in relazione all’intervento in esame, il massimo di incremento superficiario una tantum connesso alla ristrutturazione è quantificato dall’art. 6 del P.U.C. di La Spezia in soli 16 mq di superficie utile lorda (r2 – adeguamento funzionale) per ogni unità immobiliare esistente alla data di adozione del P.U.C. (cfr. 10 delle produzioni di parte comunale), mentre l’indice edificatorio utilizzato dalla parte appellante è quello di 0,75 mc/mq, ovvero l’indice fondiario che il P.U.C. connette inscindibilmente, per le aree di ricomposizione urbana in ambiti di conservazione o ad elevata densità RC in cui ricade l’intervento, a quelli di nuova costruzione e/o di ristrutturazione urbanistica (cfr. l’art. 15 comma 8a delle norme di conformità e congruenza del P.U.C.).
L’equivoco in cui incorre la parte appellante è quello di non considerare che, a differenza della fattispecie della ricostruzione con diversa sagoma e sedime, le modifiche e gli ampliamenti volumetrici di manufatti edilizi continuano ad integrare, di regola, interventi di nuova costruzione (art. 3 comma 1 lett. e.1 D.P.R. n. 380/2001), sicché, ai sensi del richiamato art. 3 comma 1 lett. d) del D.P.R. n. 380/2001, l’incremento volumetrico eccezionalmente (art. 14 disp. prel. cod. civ.) conseguibile con un intervento di ristrutturazione edilizia è soltanto quello specificamente ammesso una tantum dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali per tale tipo di intervento edilizio e non quello (eventualmente) maggiore connesso all’indice edificatorio previsto per gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica.
L'indice di 0,75 mc/mq è infatti un indice edificatorio inscindibilmente connesso a un intervento di nuova costruzione, non un indice di incremento volumetrico applicabile per ampliamenti di edifici esistenti.
La ragione giustificatrice si rinviene nella circostanza per cui l’indice edificatorio in esame si collega alla realizzazione di nuovi edifici, in quanto gli stessi saranno integrati da nuove opere di urbanizzazione, realizzando in tal modo l'obiettivo di sostituire l'insediamento urbanistico preesistente con un insediamento nuovo nell'ambito di un nuovo e complessivo disegno urbanistico finalizzato ad armonizzare il tessuto urbanistico dell'area di ricomposizione urbana con quello delle aree circostanti.
Con un secondo mezzo di gravame la parte appellante ripropone i motivi del ricorso di primo grado rimasti, a suo dire, assorbiti nella sentenza impugnata.
In particolare, con il primo motivo del ricorso di primo grado erano state dedotte: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità”.
Secondo la parte appellante, l’Amministrazione partirebbe dal presupposto erroneo di assumere, quale parametro qualificatori dell’intervento in esame, le definizioni degli interventi edilizi contenute nell’art. 6 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia, da ultimo modificato con deliberazione di Consiglio Comunale n. 35/2011, piuttosto che quelle di cui all’art. 3 del DPR n. 380/2001, che, invece, dovrebbero prevalere sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi.
Premesso che la definizione legislativa di ristrutturazione edilizia è mutata nel tempo dopo l’approvazione del P.U.C., e che essa, ad oggi, ricomprende anche gli interventi di demo-ricostruzione con modifiche di sagoma, sedime e prospetti, e con ampliamento volumetrico (un tempo riconducibili alla nuova costruzione), assume la parte appellante che se il fine pianificatorio è la riqualificazione dell’area, questa finalità dovrebbe essere ritenuta raggiungibile – in ragione dell’evoluzione legislativa – anche con un intervento meno impattante di ristrutturazione edilizia in luogo di un intervento di nuova costruzione (come previsto dal P.U.C.).
Del resto, si argomenta in tale ottica ricostruttiva, se una data previsione pianificatoria (qual è l’art. 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia) consente la realizzazione di interventi di ristrutturazione urbanistica e addirittura di nuova costruzione per il perseguimento delle finalità pianificatorie, la stessa non potrebbe ritenersi preclusiva della realizzazione di diversi interventi di minore impatto edilizio, i quali, in ragione dell’evoluzione legislativa, permetterebbero il raggiungimento delle medesime finalità.
Il motivo non è fondato.
In senso contrario, oltre a richiamare in parte qua le argomentazioni già sviluppate in relazione al primo motivo di appello, il Collegio evidenzia che il complessivo ragionamento della parte appellante è viziato dalla mancata adeguata considerazione della evidenziata ratio che associa un maggior indice esclusivamente agli interventi di nuovo costruzione. Essa, come anticipato, trova fondamento nella necessità che la realizzazione di nuove volumetrie sia integrata da nuove opere di urbanizzazione e, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte appellante, tale giustificazione traccia una ragionevole linea di discrimine rispetto agli interventi di mera ristrutturazione c.d. leggera ( ovvero non comportante ampliamenti volumetrici).
Di qui l’infondatezza dell’assunto coltivato dalla parte appellante secondo cui la ristrutturazione edilizia, intesa nella descrizione datane dalla lett. d) del testo novellato dell'art. 3 T.U. Edilizia, consentirebbe di raggiungere lo stesso obiettivo pianificatorio posto dal PUC 'con modalità meno invasive'.
Tale assunto urta contro la evidente obiezione secondo la quale il medesimo obiettivo pianificatori non è per definizione raggiungibile esentando, come accadrebbe laddove si aderisse alla tesi prospettata dall’appellante, l’operatore dall’assumere l’obbligo di realizzare le opere di urbanizzazione previste dal PUC.
Con il terzo motivo del ricorso di primo grado erano state dedotte: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità”.
Ad avviso della parte appellante, l’intervento di demo-ricostruzione con ampliamento sarebbe conforme ai limiti di incremento volumetrico previsti dal P.U.C. di La Spezia e, conseguentemente, ricadrebbe nella definizione di “ristrutturazione edilizia”, senza integrare – come invece ritenuto dall’Amministrazione - una ristrutturazione urbanistica.
Inoltre – sotto un secondo profilo - la previsione di opere di urbanizzazione non potrebbe in alcun modo modificare la qualificazione giuridica dell’intervento edilizio (da ristrutturazione a permesso di costruire).
Il motivo non è fondato.
Esso, nella misura in cui ripropone le censure, già analizzate e ritenuta infondate in relazione ai primi tre motivi di appello, va respinto per le medesime ragioni ivi indicate
Come il Collegio ha già avuto modo di affermare in occasione dell’esame dei primi due motivi di appello, il consistente ampliamento volumetrico relativo al progetto ricostruttivo di che trattasi, esorbita dai limiti di quello eccezionalmente ammesso in base al combinato disposto di cui all’art. 3 comma 1 lett. d) del D.P.R. n. 380/2001 ed al P.U.C. di La Spezia per gli interventi di ristrutturazione edilizia (16 mq di superficie utile lorda per ogni unità immobiliare esistente alla data di adozione del P.U.C.) in quanto utilizza l’indice di utilizzazione fondiaria 0,75 mc/mq relativo agli interventi di nuova costruzione.
Con il quarto motivo del ricorso di primo grado erano state dedotte: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità. Contraddittorietà intrinseca”.
A giudizio della parte appellante, l’assunto secondo cui l’intervento prospettato sarebbe riconducibile ad un intervento di ristrutturazione urbanistica costituirebbe una mera petizione di principio, del tutto scollegata dalla realtà progettuale, che non prevede alcuna sostituzione dell’esistente tessuto urbanistico-edilizio, alcuna modifica del disegno dei lotti, alcuna modifica degli isolati e alcuna modifica della rete stradale.
Ad avviso della parte appellante, contraddittoriamente l’Amministrazione sostiene che l’intervento di ristrutturazione edilizia in esame non è assentitile da un lato perché le previsioni pianificatorie ammettono solo interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione urbanistica, dall’altro perché l’intervento sarebbe eccedente il limite della ristrutturazione edilizia, per integrare un intervento di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica.
Il motivo non è fondato.
Esso, nella misura in cui ricalca, le censure, già analizzate e ritenuta infondate in relazione ai primi tre motivi di appello, va preliminarmente respinto per le medesime ragioni ivi indicate.
Contrariamente a quanto assume la parte appellante, nessuna contraddizione è ravvisabile nella motivazione del provvedimento impugnato, la quale ha correttamente negato la pretesa della parte appellante di qualificare l’intervento ricostruttivo di che trattasi come ristrutturazione edilizia (al fine di accedere alle conseguenti agevolazioni fiscali – superbonus, ecobonus e bonus ristrutturazioni) in assenza di una espressa previsione legislativa o del PGR.
Con il quinto motivo del ricorso di primo grado erano state dedotte:Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità”.
Ad avviso della parte appellante, un ulteriore causa di illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso si primo grado si anniderebbe nell’aver ravvisato il mancato rispetto di quanto previsto dall’art. 15 comma 9 delle Norme di conformità e congruenza circa le obbligatorie destinazioni del 50% della superficie del piano terra, muovendo dalla preliminare qualificazione dell’intervento da realizzare come nuova costruzione, anziché come ristrutturazione edilizia.
Il motivo non è fondato essendo, per le ragioni già evidenziante, ancora una volta erronea la premessa da cui muove la parte appellante secondo cui l’intervento in esame sarebbe da qualificare come di ristrutturazione edilizia.
Da quanto osservato in relazione all’esame dei precedenti motivi di appello, discende, infatti, che il Comune ha correttamente qualificato l’intervento di ricostruzione in parola come intervento di nuovo costruzione.
Con il sesto motivo del ricorso di primo grado erano state dedotte: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia, in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 9, 10 e 10-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto assoluto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità. Omessa considerazione delle osservazioni”.
I provvedimenti gravati sarebbero, nella prospettiva della parte appellante, illegittimi poiché, in violazione delle suindicate norme sul procedimento amministrativo, non avrebbero tenuto in alcuna considerazione gli apporti procedimentali offerti all’Amministrazione dai ricorrenti e le integrazioni documentali prodotte.
Il motivo non trova corrispondenza nelle risultanze del procedimento amministrativo dalle quali si ricava che è stata garantita la partecipazione dell’appellante, il quale, più volte, è stato posto in condizione di integrare la documentazione originariamente offerta e di formulare le proprie osservazioni.
Contrariamente a quanto si assume nel motivo di appello in esame, le motivazioni del diniego risultano puntualmente esplicitate e ulteriormente chiarite nell’atto che – a seguito della richiesta di intervento in autotutela – ha confermato le ragioni del diniego ritenendo insufficienti le integrazioni e le controdeduzioni presentate.
La legittimità del provvedimento di diniego del Comune della Spezia consente, infine, di disattendere anche la domanda di risarcimento del danno.
Sul punto invero è sufficiente richiamare la decisione della Adunanza Plenaria n. 7/2021 che, nel solco della storica sentenza delle Sezioni Unite numero 500 del 1999, ha ribadito la riconducibilità della responsabilità dell’amministrazione per l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o per il mancato esercizio di quella doverosa al paradigma della responsabilità da fatto illecito, sia pure con alcuni adattamenti.
In tale prospettiva, l’esercizio della funzione pubblica, manifestatosi tanto con l’emanazione di atti illegittimi quanto con un’inerzia colpevole, può quindi essere fonte di responsabilità sulla base del principio generale neminem laedere disciplinato dall’art. 2043 del codice civile - in cui è affermato un principio generale dell’ordinamento - secondo cui «qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno».
Elemento centrale nella fattispecie di responsabilità ora richiamato è quindi l’ingiustizia del danno, da dimostrare in giudizio. Declinata nel settore relativo al «risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi», di cui all’art. 7, comma 4, cod. proc. amm., il requisito dell’ingiustizia del danno implica che il risarcimento potrà essere riconosciuto se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, che quest’ultimo avrebbe avuto titolo per mantenere o ottenere, secondo la dicotomia interessi legittimi oppositivi e pretensivi.
Alla stregua di tali condivisibili coordinate interpretative, manca nel caso all’esame del Collegio, il primo presupposto per configurare la responsabilità della pubblica amministrazione da attività provvedimentale, vale a dire sotto l’integrazione del danno ingiusto (c.d. danno evento), non ravvisando il Collegio, in radice, l’illegittimità dell’agire provvedimentale nell’operato dell’amministrazione resistente.
Le considerazioni che precedono impongono, pertanto, la reiezione dell’appello e la conferma, sia pure con le precisazioni svolte in motivazione, della sentenza impugnata.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.
Condanna la parte appellante alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi € 5000,00 (cinquemila), oltre accessori di legge, in favore del comune della Spezia.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Neri, Presidente
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Michele Conforti, Consigliere
Luigi Furno, Consigliere, Estensore
Paolo Marotta, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luigi Furno Vincenzo Neri





IL SEGRETARIO






Notizia 29/04/2024

Rumore:l'amministrazione non puo' ignorare una segnalazione sull'inquinamento acustico





sentenza 27 aprile 2024 : esiste l’obbligo dell'amministrazione di provvedere su istanza di un cittadino per ottenere la adozione di provvedimenti finalizzati alla eliminazione di una situazione di inquinameneto acustico.

Pubblicato il 27/04/2024
N. 00342/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00152/2024 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 152 del 2024, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio Deiana, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro

Comune di Carbonia, non costituito in giudizio;
nei confronti

-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per l'accertamento

dell’inadempimento all’obbligo di concludere il procedimento

a seguito dell'istanza avente ad oggetto “ESPOSTO PER INQUINAMENTO ACUSTICO” del 10.12.2023, notificata dal ricorrente al Comune resistente in data 10.12.2023;

per l’annullamento del silenzio serbato dall’Amministrazione sulla predetta istanza;

e per l’accertamento

dell’obbligo dell’Amministrazione di provvedere con l’adozione del provvedimento finale del procedimento di cui all'istanza surriportata entro un preciso termine;

con riserva di agire per il risarcimento del danno derivante dalla mancata adozione del provvedimento dovuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2024 il dott. Oscar Marongiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, residente nel Comune di Carbonia, con la propria famiglia, in un’unità immobiliare ubicata in -OMISSIS-, sopra un locale nel quale si svolge l’attività commerciale di ristorazione del sig. -OMISSIS-, espone di aver presentato al Comune alcuni esposti per inquinamento acustico derivante dal predetto locale, senza che il Comune abbia in alcun modo risposto né provveduto in merito.

1.1. In particolare, il ricorrente espone:

- di avere presentato un primo esposto alla Polizia locale in data 21.2.2023, lamentando un fattore di inquinamento acustico ambientale determinato dal locale in questione;

- di avere inviato un sollecito all’Amministrazione in data 22.8.2023, chiedendo “riscontro sugli accertamenti effettuati per quanto segnalato a suo tempo, considerato che i disagi segnalati, provocati dall’attività commerciale -OMISSIS- di -OMISSIS-, permangono”;

- di avere inoltrato al Comune un nuovo e più dettagliato esposto in data 10.12.2023.

Nel nuovo esposto l’interessato ha rappresentato al Comune quanto segue:

“dall’attività commerciale adibita a bar/caffetteria denominata -OMISSIS-, titolare ditta -OMISSIS-, Codice Fiscale -OMISSIS- ubicata in Carbonia, -OMISSIS-, situata sotto la civile abitazione di proprietà del sottoscritto nello stesso stabile/condominio, provengono costantemente rumori di varia natura, musica ad alto volume, schiamazzi e frequenti spettacoli di intrattenimento musicale sino a tarda notte, sia all’interno dei locali che all’esterno, in contrasto con quanto dichiarato nella DUAP dove il titolare di cui sopra, ha affermato di non effettuare diffusione di musica. Il tutto anche in contrasto con l’ordinanza del Sindaco n. 93 del 29/06/2023, in cui gli spettacoli con musica dal vivo all’aperto devono cessare il 15 settembre 2023. La suddetta situazione diventa insostenibile specialmente durante i fine settimana, tanto da costringere me e la mia famiglia a lasciare la propria abitazione e pernottare presso parenti o presso strutture ricettive, causando quindi gravi danni morali, di salute ed economici”.

Nell’occasione, il ricorrente ha precisato che “sono già state inviate due PEC al comando della Polizia Locale in data 21/02/2023 (prot. 11158) e 22/08/2023 (prot. 47589), per segnalare quanto sopra e non si è ricevuto riscontro alcuno”.

1.2. Aggiunge il ricorrente di avere informato dei fatti anche l’ARPAS che, in data 19.12.2023, ha comunicato al Comune la propria disponibilità “qualora intendesse avvalersi del supporto tecnico scientifico di ARPAS, in materia di controllo dell’inquinamento acustico ai sensi della Legge 447/1995 e ss mm ed ii.” (v. doc. n. 5 del ricorrente).

1.3. Il Comune, a distanza di oltre tre mesi dall’ultimo esposto, non ha adottato alcun provvedimento al riguardo, né ha fornito alcun riscontro.

1.4. Il ricorrente, quindi, con l’odierno ricorso agisce avverso il silenzio dell’Amministrazione ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., chiedendo anche l’adozione di misure cautelari in ragione delle conseguenze pregiudizievoli che possono derivare a suo danno dall’inquinamento acustico-ambientale, tenuto conto anche che l’interessato è affetto da “Depressione Maggiore” e da “Disturbo d’Ansia Generalizzato” entrambi “reattivi a situazioni ambientali” (v. certificato medico di cui al doc. 6 del ricorrente).

1.5. Nessuno si è costituito, né per il Comune intimato, né per il controinteressato.

1.6. Alla camera di consiglio del 17 aprile 2024 la causa è passata in decisione, previo avviso della possibilità di adottare una sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a.

2. In via preliminare, osserva il Collegio che la specialità del rito del silenzio (di cui agli artt. 31, 117 e 87, commi 2 e 3, c.p.a.) non osta alla configurabilità in detto rito di una fase cautelare che deve ritenersi immanente all’azione ex artt. 31 e 117 c.p.a. per la salvaguardia delle esigenze di effettività della tutela giurisdizionale (T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. III, 9.6.2023, n. 1424).

Invero, il rito attivato nel giudizio in materia di silenzio-inadempimento non esime il giudice amministrativo dal necessario esame della domanda proposta in sede cautelare alla stregua del principio di effettività della tutela giurisdizionale sancito dagli artt. 24 e 113 Cost. (Consiglio di Stato, Sez. VII, 5.7.2023, n. 2747).

Ciò chiarito, la causa può essere decisa con sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a., sussistendone tutti i presupposti.

3. Venendo al merito, il ricorso è fondato, per le ragioni che di seguito si espongono.

3.1. Per consolidata giurisprudenza, perché possa sussistere silenzio-inadempimento dell’Amministrazione non è sufficiente che questa, compulsata da un privato che presenta una istanza, non concluda il procedimento amministrativo entro il termine astrattamente previsto per il procedimento del genere evocato con l’istanza, ma è anche necessario che essa contravvenga ad un preciso obbligo di provvedere sulla istanza del privato. Orbene, tale obbligo sussiste, secondo la giurisprudenza, non solo nei casi previsti dalla legge, ma anche nelle ipotesi che discendono da principi generali, ovvero dalla peculiarità della fattispecie, e, ai sensi dell’art. 2 della l. n. 241 del 1990, allorché ragioni di giustizia e di equità ovvero rapporti esistenti tra Amministrazioni ed amministrati impongano l’adozione di un provvedimento e, quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 273; Sez. V, 3 giugno 2010, n. 3487), soprattutto al fine di consentire all’interessato di adire la giurisdizione per la tutela delle proprie ragioni (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1182 del 2015).

3.2. Nel caso di specie il ricorrente ha presentato (per la terza volta) l’esposto, al fine di sollecitare l’esercizio di specifici poteri e l’adozione di altrettanto specifici provvedimenti (in materia di inquinamento acustico), evidenziando così la propria posizione di interesse legittimo.

A fronte di tali iniziative, tuttavia, il Comune non risulta essersi minimamente attivato né con l’avvio di un’istruttoria né con l’adozione di alcun provvedimento, non avendo assunto alcuna determinazione finale in relazione all’esposto presentato.

3.3. Deve essere pertanto dichiarato l’obbligo del Comune di provvedere sull’esposto in questione, stante il decorso dei termini previsti per la conclusione del procedimento (30 giorni, ai sensi dell’art. 2, comma 2, della l. n. 241/1990).

3.4. In definitiva, il ricorso va accolto, con il conseguente obbligo per il Comune di adottare un provvedimento espresso e motivato (cfr. T.A.R. Campania – Salerno, n. 848/2022; T.A.R. Campania – Napoli, n. 6853/2021) nel termine di 30 giorni dalla notifica o comunicazione della presente sentenza.

3.4.1. Per il caso di inottemperanza alla presente sentenza nel predetto termine, il Collegio ritiene di nominare sin d’ora Commissario ad acta il Direttore generale dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Sardegna (ARPAS), o suo delegato, chiamato a intervenire - in caso, appunto, di inadempimento da parte del Comune alla scadenza del termine sopra indicato - entro quindici giorni successivi alla comunicazione di tale inadempimento, a cura della parte ricorrente.

Qualora il Commissario ad acta sia chiamato ad intervenire, secondo quanto sopra indicato, il relativo compenso per l’attività svolta può sin d’ora essere determinato nella misura complessiva di € 1.000,00 (euro mille).

3.4.2. La presente sentenza, in caso di passaggio in giudicato, sarà trasmessa in via telematica alla Corte dei Conti ai sensi dell’art. 2, comma 8, della l. n. 241/1990.

3.5. Le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e sono poste a carico del Comune, nella misura liquidata in dispositivo e con distrazione in favore del difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario; nulla deve disporsi, invece, nei confronti della parte controinteressata, non costituita.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi, nei termini e per gli effetti indicati in motivazione.

Condanna il Comune di Carbonia alla rifusione delle spese del giudizio, liquidandole complessivamente in € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre accessori di legge, con distrazione in favore del difensore del ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento UE n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati:

Marco Buricelli, Presidente

Oscar Marongiu, Consigliere, Estensore

Gabriele Serra, Primo Referendario



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Oscar Marongiu Marco Buricelli





IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.




Notizia 24/04/2024

garage che diventa abitazione






Se le opere realizzate al piano interrato determinano un cambio di destinazione d'uso urbanisticamente rilevante

1) Se il garage viene trasformato in magazzino o deposito, rimanendo quindi spazio accessorio, senza permanenza di persone, la trasformazione l'abuso è meno grave
2) se il garage viene trasformato in vano destinato alla residenza, anche a tralasciare i profili igienico-sanitari di abitabilità, si configura come un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l'originario permesso di costruire.

Pubblicato il 31/01/2024
N. 00954/2024REG.PROV.COLL.

N. 10526/2019 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10526 del 2019, proposto da Enrico Arcangeli, rappresentato e difeso dall'avvocato Maurizio Morri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro

il Comune di Misano Adriatico, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
Paola Arrobbio, non costituita in giudizio;
per la riforma

- della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Bologna, sezione prima, n. 00374/2019, depositata il 27 aprile 2019.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 15 dicembre 2023 il consigliere Marina Perrelli e viste le conclusioni di parte appellante come in atti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’appellante Enrico Arcangeli ha chiesto la riforma della sentenza n. 374, pubblicata il 27 aprile 2019, con la quale il T.a.r. per l’Emilia – Romagna, sede di Bologna, sezione I, ha respinto il ricorso R.g. n. 201/2012 proposto avverso l’ordinanza di demolizione adottata dal Comune di Misano Adriatico con atto n. 338 del 29 novembre 2011.

L’appellante ha esposto che:

- l’immobile oggetto di controversia è un fabbricato ad uso abitativo sito in Misano Adriatico, via Bruscheto 32, catastalmente identificato al foglio 4, mappale 368, legittimato con concessione in sanatoria n. 324-1394 rilasciata il 15 aprile 1988, ai sensi dell’art. 31 della legge n. 47/1985, successivamente risanato e consolidato con concessione edilizia n. 2997 del 6 marzo 1990 e ampliato con concessione in sanatoria n. 320-530 rilasciata il 13 giugno 2000, ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724/1994;

- a seguito di sopralluogo del 27 luglio 2011 è stata accertata l’esecuzione di opere non autorizzate con il condono di cui alla legge n. 724/1994 e, segnatamente: a) al piano seminterrato in difformità da quanto legittimato il vano scala era stato utilizzato per ricavarvi un altro servizio igienico, la rampa di accesso era stata realizzata sull’altro lato dell’edificio con apertura di una finestra a fianco della porta d’ingresso e entrambi i locali, divisi da una parete posta in sede diversa da quella autorizzata, avevano la destinazione a tavernetta, originariamente prevista solo per uno, dovendo essere adibito l’altro a garage; b) al piano terra e all’esterno era stata accentuata la sporgenza del porticato mediante il prolungamento della tettoia di copertura, era stato realizzato un porticato anche sul lato opposto rispetto al fronte dell’edificio, posto a copertura della scala di accesso al piano seminterrato e chiuso con delle vetrate, il corpo di fabbrica era stato ampliato sul retro mediante un corridoio, a copertura lignea, che lo collegava a due moduli edilizi, utilizzabili, l’uno come garage, e l’altro senza una destinazione in atto, nonché sull’area circostante erano state edificate due tettoie in corpi staccati ad uso di deposito di legna e di riparo per autovetture;

- l’amministrazione comunale ha qualificato le opere realizzate al piano seminterrato come interventi di ristrutturazione edilizia, sanzionabili ai sensi degli artt. 14, comma 1, della L.R. n. 23/2004 e 33, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001, e quelle realizzate al piano terra e sull’area scoperta, come interventi di nuova costruzione in ampliamento, sanzionabili ai sensi degli artt. 13, comma 1, della L.R. n. 23/2004 e 31, comma 1, del d.p.R. n. 380/2001;

- con ordinanza n. 338 del 29 novembre 2011 è stata ingiunta la demolizione delle predette opere;

- la sig.ra Paola Arrobbio, in qualità di proprietaria dell’immobile, è la destinataria dell’ordinanza di demolizione impugnata in primo grado;

- nelle more del giudizio dinnanzi al T.a.r. la sig.ra Arrobbio ha esercitato davanti al Tribunale di Rimini un’azione civile per la declaratoria della nullità del contratto con il quale aveva acquistato l’immobile dall’odierno appellante, precedente proprietario e asserito committente delle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione;

- il Tribunale di Rimini, con la sentenza n. 100 dell’1 febbraio 2019, ha accolto la domanda, dichiarando la nullità del contratto di compravendita e condannando la sig.ra Arrobbio alla restituzione dell’immobile al sig. Arcangeli;

- con la sentenza appellata il giudice di primo grado ha respinto il ricorso.

1.3. Tanto premesso in fatto anche ai fini della legittimazione all’appello, il sig. Arcangeli chiede la riforma della sentenza appellata perché:

1) avrebbe erroneamente ritenuto che il mutamento di destinazione d’uso della cantina a tavernetta, con i connessi impianti e l’aggiunta di un bagno, consentirebbe la qualificazione delle opere nel seminterrato come ristrutturazione edilizia, senza considerare che già il condono del 1994 aveva assentito la destinazione di uno dei due locali a tavernetta e che il mutamento non avrebbe riguardato l’edificio nella sua interezza, trasformandolo da abitativo a produttivo o a direzionale o viceversa, né avrebbe consentito l’utilizzazione di una sua parte per una differente destinazione;

2) avrebbe erroneamente ritenuto non applicabile alle opere realizzate al piano terra dell’edificio, in ampliamento del corpo di fabbrica, la sanzione pecuniaria in sostituzione della demolizione sull’erroneo presupposto della realizzazione delle dette opere in assenza piuttosto che in difformità dal titolo edilizio e della mancanza di un accertamento tecnico che ne constati l’incidenza sulla stabilità delle opere legittimate;

3) avrebbe erroneamente valorizzato la mancata richiesta di una sanatoria delle opere realizzate, correlata all’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato dell’insanabilità delle stesse, e non avrebbe valutato la disapplicazione del Regolamento edilizio che illegittimamente nega il beneficio dell’ampliamento ai fabbricati sui quali siano state eseguite opere condonate.

2. Il Comune di Misano Adriatico e la sig.ra Paola Arrobbio, benché ritualmente citati, non si sono costituiti in giudizio.

3. All’udienza del 15 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

4. L’appello non è fondato e va respinto.

5. Il Collegio premette che l’odierno appellante, attuale proprietario dell’immobile in controversia a seguito della sentenza del Tribunale di Rimini n. 100 dell’1 febbraio 2019, è legittimato ad impugnare la sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso proposto dalla sig.ra Arrobbio, in qualità di proprietaria e destinataria dell’ordine di demolizione.

6. Dalla lettura dell’atto di appello si evince che non vi è contestazione in merito alla effettiva realizzazione delle opere analiticamente descritte nel verbale prot. n. 73/URB del 27 luglio 2011, posto a fondamento dell’ordinanza di demolizione e di ripristino n. 338 del 29 novembre 2011, quanto piuttosto sulla loro qualificazione come ristrutturazione edilizia, anziché come manutenzione con le correlate differenze che ne conseguono sotto il profilo sanzionatorio.

7. Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso affermando che “per poter classificare un intervento edilizio come manutenzione straordinaria, non vi deve essere modificazione della destinazione d’uso, mentre nel caso di specie essa è avvenuta perché da uso cantina si è passati ad una vera e propria tavernetta cioè un locale con cucina, arredi ed impianti con un nuovo W.C. più funzionale ad uso abitativo del precedente. Si deve parlare, invece, di ristrutturazione edilizia cioè “interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto od in parte diverso dal precedente” in assenza di titolo abilitativo come si ricava agevolmente dalla visione delle foto inserite nella relazione comunale”.

8. Il Collegio ritiene che la sentenza sia esente dai vizi lamentati con il primo motivo di appello.

8.1. Al riguardo il Collegio non può che richiamare, quanto affermato dalla recente e costante giurisprudenza del Consiglio di Stato e di questa stessa sezione, con riguardo a casi analoghi a quello in esame, aventi ad oggetto l’accertato mutamento di destinazione d’uso di locali, previsti in progetto quale garage, mediante la creazione di nuovi volumi residenziali, non meramente accessori o tecnici.

Secondo il predetto orientamento, premesso che gli standard urbanistici hanno una “funzione di equilibrio dell’assetto territoriale e di salvaguardia dell’ambiente e della qualità di vita” (Cons. Stato, sez. II, n. 9614 del 2022; Cons. Stato, sez. IV, n. 4068 del 2019), “la destinazione del piano in questione (interrato, ma analogo discorso vale per il sottotetto) ad abitazione ha determinato un incremento delle volumetrie e delle superfici ‘utili’ – ossia utilmente fruibili – con conseguente aggravio del carico urbanistico, secondo quanto previsto dall’art. 32, comma 1 lett. a) D.P.R. n. 380/2001, a norma del quale costituisce ‘variazione essenziale’ ogni ‘mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968” (Cons. Stato, sez. II, n.6085 del 2023).

Pertanto, nell’ambito di una unità immobiliare ad uso residenziale, devono distinguersi i locali abitabili in senso stretto dagli spazi “accessori” che non hanno valore di superficie edificabile e non sono presi in considerazione come superficie residenziale all’atto del rilascio del permesso di costruire; autorimesse, cantine e locali di servizio rientrano in questa categoria.

Da ciò consegue che non è possibile ritenere urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un garage in un locale abitabile; a differenza dell’ipotesi in cui il garage venga trasformato - con o senza opere- in magazzino o deposito, rimanendo quindi spazio accessorio, senza permanenza di persone, “la trasformazione in vano destinato alla residenza, anche a tralasciare i profili igienico-sanitari di abitabilità, si configura come un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l’originario permesso di costruire” (Cons. Stato, sez. VII, n. 835 del 2023).

8.2. Facendo applicazione dei predetti principi al caso di specie è, quindi, evidente che le opere realizzate al piano interrato determinano un cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante con le correlate conseguenze in termini di qualificazione dell’intervento e delle connesse conseguenze sanzionatorie.

9. Sono infondati e da disattendere anche gli ulteriori due motivi di appello.

9.1. Con riguardo alla dedotta mancata valutazione da parte dell’amministrazione della sanabilità delle opere il Collegio rileva che secondo la costante giurisprudenza la conformità urbanistica delle opere deve essere oggetto di valutazione da parte dell’amministrazione comunale solo nell’ipotesi in cui il privato abbia presentato un’istanza di accertamento di conformità.

E, infatti, “in presenza di abusi edilizi, la vigente normativa urbanistica non pone alcun obbligo in capo all'autorità comunale, prima di emanare l'ordinanza di demolizione, di verificarne la sanabilità ai sensi dell'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 e tanto si evince chiaramente dagli artt. 27 e 31, del medesimo d.P.R. n. 380 cit., che obbligano il responsabile del competente ufficio comunale a reprimere l'abuso, senza alcuna valutazione di sanabilità, nonché dallo stesso art. 36 che rimette all'esclusiva iniziativa della parte interessata l'attivazione del procedimento di accertamento di conformità urbanistica”(Cons. Stato, sez. VI, 17 novembre 2023, n. 9866; Cons. Stato, sez.VI 20 luglio 2021, n. 5457).

9.2. Nel caso di specie è pacifico che la ricorrente in primo grado non abbia presentato alcuna domanda per sanare le opere abusivamente realizzate e che non vi era alcun obbligo dell’amministrazione di valutarne la sanabilità prima di adottare il provvedimento sanzionatorio.

9.3. Con riguardo alla dedotta omessa valutazione della sostituibilità della sanzione demolitoria con quella pecuniaria il Collegio, premessa per le ragioni esposte in relazione ai precedenti motivi la sanzionabilità delle opere abusivamente realizzate con la demolizione, evidenzia che l'applicabilità della sanzione pecuniaria può essere decisa dall'amministrazione solo nella fase esecutiva dell'ordine di demolizione e non prima, sulla base di un motivato accertamento tecnico. La valutazione, cioè, circa la possibilità di dare corso alla applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria costituisce una mera eventualità della fase esecutiva, successiva alla ingiunzione a demolire, con la conseguenza che la mancata valutazione di tale eventualità non può costituire un vizio dell'ordine di demolizione, come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado (Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 2023, n. 6894).

10. Per le ragioni esposte l’appello deve essere respinto.

11. Nulla va disposto in relazione alle spese in considerazione della mancata costituzione dell’amministrazione resistente e della sig.ra Arrobbio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2023, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Daniela Di Carlo, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere

Marina Perrelli, Consigliere, Estensore

Ofelia Fratamico, Consigliere



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Marina Perrelli Marco Lipari





IL SEGRETARIO






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